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Ambiente. Riciclo delle plastiche, allarme Assorimap: “Imprese a rischio chiusura”

L’appello al Governo e ministro Pichetto Fratin per interventi tempestivi e un Tavolo istituzionale permanente
lunedì, 22 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Dalle sollecitazioni della dottoressa Salvestini, Direttrice generale del Consorzio PolieCo, alle iniziative ora intraprese

L’industria privata del riciclo non è più in grado di sostenere le proprie attività. È la situazione di grave stallo che si sta verificando con nuove preoccupazioni sul futuro del settore. Un passo indietro per una economia del riciclo, da anni al centro delle politiche ambientali e dei modelli di economia circolare, sta affrontando una crisi profonda e strutturale. A lanciare l’allarme è Assorimap, l’associazione nazionale dei riciclatori e rigeneratori di materie plastiche, che ha inviato una lettera al Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, denunciando una situazione sempre più insostenibile per l’intero comparto. Assorimap chiede un intervento immediato per sostenere il settore, sia a livello nazionale che europeo.

Il documento e l’appello

“Non siamo più in grado di proseguire le attività”, si legge nel documento firmato dal presidente Walter Regis, che richiama l’attenzione del governo su una crisi che investe l’intera filiera: oltre 350 imprese, più di 10mila addetti e una capacità installata di riciclo pari a 1,8 milioni di tonnellate annue.

La situazione peggiora

Malgrado gli appelli per ora non si intravedono svolte positive.
“Pur apprezzando la disponibilità manifestata dal ministero negli incontri intercorsi, dopo mesi non abbiamo avuto riscontri concreti”, sottolinea l’associazione. Da qui la richiesta al governo di avviare “azioni tempestive”, e di istituire un Tavolo istituzionale permanente sul riciclo meccanico delle plastiche, ritenuto indispensabile per garantire la sopravvivenza di un comparto strategico per l’economia circolare italiana.

Perché la crisi

Secondo quanto comunicato, la situazione di crisi si è determinata a causa di una serie di fattori negativi che si sono intrecciati negli ultimi anni.
Tra i principali fattori: il calo del prezzo della plastica vergine, che rende meno conveniente l’uso del materiale riciclato per le aziende manifatturiere.Aumento dei costi energetici e logistici, che incide fortemente sui margini operativi delle imprese di riciclo. Scarsa qualità del materiale raccolto, che rende più difficoltoso e costoso il processo di rigenerazione. Mancanza di una domanda stabile e strutturata per il materiale riciclato, legata anche a normative non sempre favorevoli.

Stop Cina all’import dei rifiuti

A tutto questo si aggiungono le difficoltà legate all’esportazione dei rifiuti plastici, resa più complicata da nuove normative internazionali (come il bando cinese sull’importazione dei rifiuti) e dalle restrizioni sul commercio di plastiche contaminate o miste.

Filiera dello smaltimento

Il fallimento o l’indebolimento della filiera del riciclo rischia di aggravare un problema già critico: lo smaltimento della plastica. Ogni anno, in Italia, si producono milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Solo una parte viene effettivamente riciclata; il resto finisce in discarica, inceneritori, o – peggio – nell’ambiente.

La plastica è un materiale resistente, che impiega centinaia di anni per degradarsi, rilasciando sostanze tossiche nel suolo e nelle acque. Nei mari, i rifiuti plastici costituiscono oltre l’80% dei detriti, con effetti devastanti su fauna marina e catene alimentari.

Microplastiche: il nemico invisibile

Uno degli aspetti più preoccupanti dell’inquinamento da plastica è rappresentato dalle microplastiche, piccole particelle inferiori a 5 mm che derivano dalla frammentazione della plastica più grande o che vengono prodotte direttamente in formato ridotto (ad esempio nei cosmetici o nei tessuti sintetici).

Le microplastiche sono ormai onnipresenti: si trovano nei mari, nei laghi, nei fiumi, nel suolo, nell’aria e persino negli alimenti e nell’acqua potabile. Studi scientifici recenti hanno rilevato tracce di microplastiche nel sangue umano, nei polmoni e nella placenta, sollevando interrogativi inquietanti sui potenziali effetti sulla salute.

Anche se la ricerca è ancora in fase di sviluppo, si teme che queste particelle possano causare infiammazioni, stress ossidativo e interferenze endocrine, con conseguenze a lungo termine ancora non del tutto conosciute.

Strategia integrata

La crisi dell’economia del riciclo e l’impatto ambientale delle plastiche pongono l’urgenza di ripensare il sistema nella sua interezza. Non basta delegare la responsabilità al solo comparto industriale: serve un intervento coordinato tra istituzioni, imprese e cittadini.

Le misure da adottare includono:

  • Incentivi economici per l’uso di materiali riciclati, in modo da renderli competitivi con quelli vergini.
  • Normative più severe sulla produzione e l’uso della plastica monouso.
  • Educazione ambientale e promozione della raccolta differenziata di qualità.
  • Investimenti in ricerca e innovazione per trovare alternative sostenibili e per migliorare le tecnologie di riciclo.

Un rischio per tutti

Il grido d’allarme lanciato da Assorimap non può essere ignorato. Se vogliamo davvero costruire un’economia circolare, capace di ridurre gli sprechi e preservare le risorse del pianeta, dobbiamo affrontare seriamente la crisi del riciclo e l’emergenza plastica. Perché in gioco non c’è solo il futuro di un settore industriale, ma quello dell’ambiente e della salute pubblica.

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