Nell’ultima parte del suo discorso, il Prof. Nuccio Ordine, continua a ricorrere, sistematicamente, a citazioni e richiami su numerosi personaggi che hanno fatto la storia e che hanno lasciato tracce indelebili dei loro insegnamenti filosofici e di elevata cultura di vita.
La “lectio Magistralis” del Prof. Ordine prosegue, infatti, citando Primo Levi e Osip Mandelstam per l’importanza dell’insegnamento a memoria; Albert Einstein il quale intravede, nella scuola per i giovani, la formazione di ‘personalità armoniose’; Cervantes, in Don Chisciotte, che dà pregio anche alle ‘gloriose sconfitte’; Immanuel Kant per il saggio dal titolo ‘L’arte di educare’; Robert Kennedy per il suo discorso all’Università del Kansas nel 1968; Victor Ugo per il suo discorso all’Assemblea costituente ove è nominato Pari di Francia dal re Luigi Filippo d’Orleans; ed infine Italo Calvino con ‘Le città invisibili’. Conclude informando la platea dei suoi studi iniziali su Giordano Bruno.
L’insegnamento a memoria
“Quando eravamo ragazzi ci facevano imparare le poesie a memoria, poi sono venuti i pedagoghi: ‘chi impara le poesie a memoria è un ignorante perché non capisce quello che dice.’ Allora io vi posso dire una cosa: che non c’è cosa più bella, a sessant’anni, di andare in un posto e di ricordarti i versi che tu hai imparato. Le cose che noi abbiamo imparato non c’è le può strappare nessuno; ti possono levare le macchine, le auto, le case, ma quello che hai imparato tu non te lo leva nessuno”.
Primo Levi matricola – Auschwitz – matricola 174517 (1919/1987)
“…e sapete chi ce l’ha insegnato questo? Primo Levi, in una lezione bellissima: ‘Se questo è un uomo’. Siamo dentro l’inferno di Auschwitz: che succede? Ci sono gli ebrei …ricorda Primo Levi: ‘Nulla è più nostro, ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; ci toglieranno anche il nome’”. Primo Levi era la matricola 174517; lui la sera che fa? Legge il canto di Ulisse e – ricordandolo a memoria perché gli avevano tolto tutto, ma il canto di Ulisse non glielo potevano togliere -, lui dava un momento di gioia, un come dire: un lacerto di vita a cui aggrapparsi in questo inferno di Auschwitz. E la stessa cosa la ricorda Osip Mandelstam.
Osip Mandelstam (1891/1938)
“Grandissimo poeta russo, chiuso in un lager; lui racconta: ‘In quei giorni in cui io perdevo il senso della vita, recitando a memoria Dante, mi sono mantenuto in vita’”.
Quindi, ci dicono che invece non serve a niente imparare queste cose ‘perché noi siamo la civiltà dell’usa e getta’; non possiamo tenere la memoria; imparare a memoria è una minaccia per questa società dell’usa e getta.
La professionalizzazione
“L’altro tema è la professionalizzazione; la professionalizzazione significa che le scuole devono: Tu chiedi a un bambino della scuola media che mestiere vuoi fare da grande, un atto criminale, è un atto criminale chiedere a un bambino, alla terza media, che vuoi fare”. E, in merito cita alcune opinioni di Albert Einstein.
Albert Einstein (1879/1955) e la meritocrazia
“Non lo dico io, lo dice Albert Einstein che è uno dei più grandi. Einstein dice: ‘la scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniose; non ridotti a specialisti”. …. “…Noi dovremmo insegnare ai nostri studenti che la dignità e il correre con dignità valgono molto di più”.
E in merito invoca ‘le gloriose sconfitte’ di cui all’opera di ‘Don Chisciotte della Mancia’ di Miguel de Cervantes (1547/1616)
“Ci insegna una cosa bellissima; quel tenero uomo, Cavaliere difensore di ideali, insegna che, nella vita, esistono delle gloriose sconfitte; vuol dire che, anche quando perdi, noi possiamo lasciare un segno fortissimo di noi, come Don Chisciotte; perché ‘le gloriose sconfitte’ rivelano la necessità di affrontare, con coraggio, anche quelle rivolte a persone che si battono per valori, per utopie, per ideali”. E così cita anche Nelson Mandela (1918/2013 “…quante volte nel sogno, Mandela è stato sconfitto in Sudafrica, però coltivare l’utopia, con dolore… L’importante è che voi siate”.
Immanuel Kant (1724/1804)
In un saggio del 1803 ‘L’arte di educare’, Kant si pone un problema: Quale società o invece essere il luogo dove si mettono in crisi i valori… “…Se c’è un’ideologia neoliberista che ti dice che la dignità umana si pesa con i soldi, noi dobbiamo far leggere ai nostri studenti quei classici per dire che queste sono menzogne, non sono vere e dobbiamo dargli una moralità molto più forte. Non dire: preparatevi a essere consumatori passivi”. “Il compito della scuola non è – come dire – allevare polli di batteria, ma formare eretici; e quando parlo di eretico parlo nel senso etimologico del termine, eretico in latino significa ‘che sceglie’ e chi vuol dire vuol dire, nel senso che io posso scegliere controcorrente; io posso scegliere contro l’idea comune; io posso scegliere contro le idee ufficiali; posso essere quel salmone che risale la corrente nella direzione opposta”.
Il prof. Ordine dice ancora alla platea: “Sono molto convinto che per capire la complessità della vita, per capire la complessità del mondo in cui noi viviamo, non basta solo leggere. Il presidente Robert Kennedy (1925/1968), il 18 Marzo del 1968 tiene un discorso nell’Università del Kansas”. Vi leggo che cosa scrive: ‘Troppo e per troppo tempo, abbiamo dato l’impressione di riporre l’eccellenza personale e i valori della comunità nella mera accumulazione di beni materiali. Il nostro prodotto interno lordo, (PIL), ora, ha superato gli 800 miliardi di dollari. Ma il PIL non calcola la salute dei nostri figli, né la qualità della loro istruzione o la gioia nel loro giocare; non include la bellezza della nostra poesia, né la forza dei nostri matrimoni, né l’intelligenza dei nostri dibattiti pubblici, né l’integrità dei nostri funzionari’. In breve il PIL misura qualsiasi cosa, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta e questa è una lezione”.
Il prof. Ordine non risparmia neanche un’aspra critica sui tempi lunghi di intervallo tra un concorso e il successivo, invocando regole certe sul reclutamento “…È una vergogna immonda ed è chiaro che poi tu crei un esercito di persone, con che motivazione? Un professore, a cinquant’anni…cosa può fare da grande, perché è un precario… l’idea ‘open egis todos caballeros’ è un meccanismo negativo che non va, che distrugge la scuola…”.
Con concorsi annuali, il giovane 26enne, dopo le prime prove non superate, prenderebbe altre strade senza reiterare fino a 50/60, quasi all’età della pensione. Il prof. Ordine prosegue dicendo: “È questa l’aberrazione. In Francia il sistema è così; io conosco i miei colleghi francesi; l’età media dei professori che insegnano in Francia è molto più bassa dell’età media dell’Italia, dove ci sono professori che praticamente vivono ancora il precariato a età che sono alle soglie della pensione”.
L’insegnamento è vocazione e i classici guida maestra
“Noi non esercitiamo un mestiere, noi dobbiamo essere coscienti che insegnare non è una professione, ma insegnare è una vocazione e questo deve essere un punto fermo nella nostra visione. Non posso entrare in classe con l’idea che mi devo andare a guadagnare lo stipendio, perché le due professioni che non possono fare questo sono i medici e gli insegnanti; perché sono i due pilastri su cui si regge la dignità umana: il diritto alla salute e il diritto alla conoscenza. Ebbene qual è la regola per insegnare bene? Una regola c’è: ‘Conoscere la disciplina che si insegna e amarla, amarla perché se io non la amo io non potrò trasmettere amore agli studenti’. Questa è la regola; e anziché perdere tempo appresso a queste cose, leggetevi i classici e cercate di trovare quelle frasi, quei brani che possono suscitare l’interesse dei vostri studenti”.
Victor Ugo (1802/1885)
Il prof. Ordine parla di Victor Ugo, quando nel 1848, all’assemblea costituente interviene dicendo: “Si tagliano i fondi per i musei, i fondi per le biblioteche, i fondi per i centri cultura. Si ribella e dice: ‘No! Se voi tagliate i fondi voi pregiudicate il futuro della nazione, perché avremo una nazione di ignoranti; avremo una nazione di analfabeti….”. Di Ugo legge l’intervento nel quale dice: ‘Io voglio ardentemente, appassionatamente, il pane per l’operaio, il pane per il lavoratore, che è mio fratello; a fianco del pane della vita, voglio il pane del pensiero, che è anche il pane della vita’.
Voglio moltiplicare il pane dello spirito, come il pane del corpo, ‘Bisognerebbe moltiplicare le scuole, le cattedre, le biblioteche, i musei, i teatri, le librerie…Bisognerebbe moltiplicare i luoghi di studio per i bambini, i luoghi di lettura per gli uomini, tutte le organizzazioni, le istituzioni in cui si medita, si istruisce, in cui ci si raccoglie, si impara qualcosa, in cui si diventa migliore…’.
“Io penso che queste parole di Victor Hugo sono di un’attualità straordinaria…”
E poi libri, e ancora libri di Federico Garcia Lorca (1898/1936)
Il poeta spagnolo, nel 1931 tiene un discorso in occasione dell’inaugurazione della prima biblioteca del suo paese natale, Fuente Vaqueros. Il prof. Ordine ne propone una prima frase alla platea del convegno:
“Non di solo pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e mi trovassi invalido in mezzo alla strada, non chiederei un pane; ma chiederei mezzo pane e un libro. […] Libri, libri! È questa una parola magica, che equivale a dire: amore, amore! Una cosa che i popoli dovrebbero chiedere, così come chiedono il pane o come invocano la pioggia per i loro campi seminati”.
Italo Calvino (1923/1985)
Il prof. Ordine, avviandosi verso la conclusione, prosegue dicendo:
“E allora, di fronte a questo consesso, mi piace chiudere il mio intervento con un dialogo, un dialogo bellissimo di cui ci parla Italo Calvino: ‘Le città invisibili”. È un romanzo straordinario; a un certo punto c’è il grande conquistatore che però non conosce le città che ha conquistato perché non ha potuto visitarle tutte e, dall’altra parte, il grande viaggiatore Marco Polo che ha visitato queste città; e allora, alla fine, nelle ultime pagine del romanzo, si parla dell’inferno; ma non dell’inferno di cui ci parlano i cattolici, dell’inferno dei viventi, cioè dell’inferno di cui noi stessi siamo attori:
‘L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio’.
Poi il prof. Ordine esprime il suo pensiero dicendo:
“Io penso che la scuola pubblica, l’università e la cultura siano quel raggio di luce che ci consente di capire, nella nostra società, ciò che non è inferno per battere l’inferno”.
Il professore Ordine termina il suo lunghissimo intervento, di ben 90 minuti, parlando di sé: “Da giovane ho cominciato a studiare Giordano Bruno (1548/1600). La prima cosa che ho imparato da Bruno è che il vero filosofo deve essere coerente tra quello che pensa e quello che fa; cioè la filosofia deve essere una maniera di vivere. Per me insegnare è una vocazione, è la mia vocazione. Mi pagano, ma se non mi pagassero farei la stessa cosa, perché non posso vivere senza questo….io ho fatto centinaia di conferenze nelle scuole dove mi sono pagato anche le spese per andarci perché, praticamente, non avevano manco i soldi; ma perché questo ritengo che faccia parte della nostra missione se ci crediamo nelle cose che facciamo”.
Fine
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