Dopo mesi di stallo e trattative interrotte, riprende finalmente il confronto tra Aran e sindacati per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle Funzioni Locali per il triennio 2022-2024. Un negoziato lungo e complesso che coinvolge oltre 430.000 dipendenti pubblici impiegati in Comuni, Province, Regioni, Unioni di Comuni, Camere di commercio e aziende pubbliche. A oggi, il contratto è ancora in stand-by, ma la riapertura del dialogo fa ben sperare per una firma definitiva entro la fine dell’anno. Il nodo centrale resta l’adeguamento salariale: l’ultima bozza dell’Aran prevede aumenti medi mensili lordi compresi tra i 122 e i 158 euro, differenziati per qualifica. Si tratta di un incremento tabellare che deriva in parte dalla confluenza di una quota dell’indennità di comparto nello stipendio base, operazione che avrà effetti anche su pensioni e TFR, consolidando quindi un beneficio strutturale.
Nel dettaglio, le nuove retribuzioni annue si attesterebbero su circa 25.000 euro per funzionari ed elevate qualificazioni, poco più di 23.000 per gli istruttori, e poco sotto i 20.000 per gli operatori. Tuttavia, questi numeri vanno letti con la giusta dose di realismo: al netto dell’inflazione e della perdita di potere d’acquisto accumulata negli ultimi anni, questi aumenti rischiano di essere più simbolici che risolutivi.
Nonostante l’ottimismo mostrato da alcune sigle sindacali e il sostegno finanziario previsto in legge di Bilancio (6 miliardi stanziati per il pubblico impiego), la realtà è che il contratto sarebbe dovuto essere chiuso mesi fa. Mentre Roma discute, nei territori si continua a lavorare, spesso con carichi e responsabilità che vanno ben oltre le retribuzioni attuali. Eppure, un rilancio serio della pubblica amministrazione locale passa anche — e soprattutto — da contratti giusti e stipendi dignitosi. A patto che le risorse siano stanziate per tutti, e non solo per i cosiddetti “enti virtuosi”, altrimenti il rischio è continuare ad alimentare la migrazione dei dipendenti verso settori pubblici più attrattivi. Settembre potrebbe davvero essere il mese della svolta. Ma serve responsabilità da parte di tutti: governo, sindacati, autonomie locali. Perché una PA efficiente parte dal riconoscimento concreto del valore delle sue persone. E il tempo degli annunci, ormai, è finito.