È entrato in vigore allo scoccare della mezzanotte di Washington di ieri il nuovo pacchetto di dazi commerciali varato dall’amministrazione Trump, che colpisce 92 Paesi con tariffe differenziate. Tra questi, anche l’Unione europea, soggetta da ieri appunto a un’aliquota del 15% su tutte le esportazioni, comprese componenti auto, prodotti farmaceutici e semiconduttori.
La misura era attesa dopo il cosiddetto ‘Liberation Day’ del 2 aprile scorso, quando il Presidente americano presentò, in diretta tv, una lavagna con le tariffe previste per ogni Paese in assenza di nuovi accordi bilaterali. Ora il piano è diventato operativo. Le tariffe più alte colpiscono Brasile (50%), Laos e Myanmar (40%).
“Miliardi di dollari stanno affluendo negli Stati Uniti!”, ha esultato il Tycoon sul social Truth. “I Paesi che hanno approfittato di noi per anni pagheranno. L’unica cosa che può fermare la grandezza americana è un tribunale di sinistra”.
Verso il 100% sui chip

Le tensioni si sono ulteriormente aggravate dopo che Trump, durante un incontro nello Studio Ovale con il Ceo di Apple Tim Cook, ha annunciato l’intenzione di imporre dazi del 100% su chip e semiconduttori prodotti all’estero. “Se costruite in America non pagherete nulla”, le sue parole. Una mossa che punta a rilocalizzare la produzione tecnologica, ma che minaccia seriamente le catene globali del valore.
Il Portavoce della Commissione europea per il commercio, Olof Gill, ha confermato l’entrata in vigore del dazio del 15% anche sui semiconduttori europei, sottolineando che un’eventuale estensione al 100% sarebbe una misura grave, ma che Bruxelles attende ancora chiarimenti formali: “La palla è nel loro campo”;
Critiche al governo da imprese e opposizione

L’annuncio dei dazi continua a sollevare preoccupazione in Italia, dove il mondo produttivo teme ripercussioni dirette sull’export e sull’occupazione. “A rischio migliaia di posti di lavoro”, ha detto Tino Magni (Alleanza Verdi-Sinistra), denunciando “il silenzio del governo” e “l’assenza di un piano concreto per proteggere le imprese italiane”.
Anche Italia viva ha attaccato l’esecutivo. La Senatrice Silvia Fregolent ha parlato di “grido d’allarme inascoltato da parte dei produttori”, lamentando che “i 25 miliardi promessi da Meloni sembrano svaniti nel nulla”. La Capogruppo al Senato Raffaella Paita ha rincarato la dose: “Una visione sovranista sbagliata sta facendo male all’Italia. L’Ue ha sbagliato approccio: serviva una figura più autorevole come Draghi”.

Sul piano economico i dazi si inseriscono in un contesto già difficile. L’alto costo dell’energia importata dagli Usa, sottolinea Paolo Capone dellʼUgl, ha già inciso sui costi di produzione in Europa. “Serve responsabilità istituzionale, non scontro ideologico. Il lavoro è la vera arma contro la povertà”.
A lanciare un appello è anche la Presidente svizzera Karin Keller-Sutter, rientrata da Washington senza ottenere l’esenzione per Berna: “È una situazione estremamente difficile. Vogliamo un rapporto basato su regole, ma non a ogni costo”.
“Non ci sono promesse vincolanti”
La Commissione europea prova a contenere la tensione: “Le promesse fatte dalle aziende europee sugli investimenti energetici non sono giuridicamente vincolanti”, ha chiarito Gill, rispondendo alle accuse di Trump di inadempienza dell’Ue sugli impegni energetici: “Non possiamo costringere le imprese a investire: abbiamo trasmesso intenzioni sincere, non obblighi formali”.
Una nuova guerra commerciale?
Insomma. l’ombra di una nuova guerra commerciale torna dunque a proiettarsi sull’economia globale. L’Unione europea – che ha già definito “inaccettabile” l’approccio unilaterale di Trump – valuta contromisure. “Serve un equilibrio, non una spirale di ritorsioni”, spiegano fonti diplomatiche a Bruxelles.