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L’inchiesta di Milano
e l’emergenza casa

In Italia il diritto ad un tetto è sancito dalla Costituzione (art. 47), ma nella realtà si è trasformato in un privilegio. È utile tornare al Piano Casa di Fanfani e De Gasperi, furono realizzati 350 mila alloggi e si diede solidità e benessere alle famiglie per generazioni
domenica, 3 Agosto 2025
3 minuti di lettura

Dalle vicende giudiziarie e dalla richiesta di alloggi ora incessibili per prezzi proibitivi, emerge la necessità di un nuovo modello abitativo. Lo Stato deve intervenire a tutela delle fasce sociali fragili

La vicende giudiziarie in atto a Milano in merito alle iniziative urbanistiche ed edilizie della città hanno messo in luce – al di là delle inchieste – il tema più generale e diffuso delle politiche della casa. Si può dire che si tratta di una questione largamente avvertita da fasce sociali in disagio e difficoltà economiche. Siamo di fronte ad una diffusa emergenza abitativa sull’intero territorio nazionale che impongono scelte su un nuovo modello abitativo: che punti su edilizia sostenibile, accessibile e su un riequilibrio tra mercato e diritti sociali. La casa infatti è un bene primario sempre meno accessibile in particolare per i giovani, i single e le fasce a reddito medio-basso.

Costi e affitti inaccessibili

La crescita dei prezzi è stata in costante aumento, perché che lo Stato non realizza più alloggi popolari. L’acquisto di una casa è fuori portata per molti, soprattutto per chi ha un solo reddito. In città come Milano, Roma, Firenze o Bologna, anche monolocali superano i 200-300 mila euro. Nel contempo anche il mercato degli affitti ha subito una forte crescita, Negli ultimi anni, i costi sono aumentati anche del 50%, spesso a causa della pressione turistica, del mercato a breve termine e della scarsità di immobili disponibili.

Giovani e single penalizzati:

È sempre più evidente che a subirne le maggiori conseguenze sono i giovani e i single. Per i primi senza supporto familiare, risparmi consistenti o accesso agevolato al credito, è quasi impossibile emanciparsi. Per i single i costi di un acquisto anche di abitazioni più piccole come monolocali, e. bilocali hanno subito una impennata di un costo al metro quadro spesso superiore rispetto ad appartamenti più grandi.

Lo Stato torni a costruire

L’emergenza casa resta un nodo da scogliere lo Stato deve tornare a investire in alloggi popolari, urbani e sostenibili. Per quello che ci riguarda anche come giornale – espressione e voce di quel vasto mondo di politiche moderate, centriste e cattoliche – non è solo una questione economica ma è una scelta di giustizia sociale e di visione del futuro. Lo diciamo perché possiamo annoverare sul tema casa esperienze passate che sono state di importanza cruciale e di portata nazionale esemplare.

Fanfani e De Gasperi

Il modello da ripristinare è quello del Piano INA-Casa. Proprio perché furono fatte scelte esemplari e vogliamo ricordarne la genesi che prese il via proprio a Milano, Nel dicembre 1945 urbanisti, architetti e ingegneri riuniti nella ala del Gonfalone del Castello Sforzesco a Milano per il primo convegn lazionale sulla ricostruzione. Nel libro: “Quartieri e città nell’Italia degli anni cinquanta. Il Piano Casa 1949-1963”, di Paola Di Biagi si ricorda come come tutto iniziò e i protagonisti di quella grande stagione di opere pubbliche.

Era il luglio 1948, nella seduta del Consiglio dei ministri, Amintore Fanfani, ministro del Lavoro e della previdenza sociale, presentò un disegno di legge che prevedeva un piano “per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori”.

A pochi anni dalla conclusione della seconda guerra mondiale e a poco più di un mese dall’insediamento del V governo De Gasperi, con quella iniziativa il ministro Fanfani colse l’occasione anche di affrontare il problema della disoccupazione attraverso lo sviluppo del settore edilizio, riconosciuto come strumento in grado di promuovere la rinascita dell’Italia del dopoguerra.

“Dopo un iter di circa otto mesi”, ricorda Paola di Biagi, “il 28 febbraio 1949 viene firmata dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi la legge n. 43 che istituisce un piano nazionale e un organo centrale di coordinamento per costruire case per lavoratori e favorire l’occupazione operaia”.

Un piano per 350 mila case

Furono realizzati oltre 350 mila alloggi, dando casa a operai e impiegati. Non solo il Piano permise la nascita di comunità e quartieri, non dormitori.Lo Stato costruiva direttamente o finanziava cooperative a prezzi calmierati.

File e patrimonio in degrado

Oggi lo Stato si è ritirato del tutto dalla costruzione di edilizia popolare, e gli effetti sono quelli che abbiamo elencati, e se qualcosa c’è i progetti di edilizia pubblica spesso finiscono in ritardi, in cattive gestioni, lunghissime file di attesa per avere un alloggio, mentre il patrimonio edilizio pubblico è alle prese con un costante degrado.

Le cose da fare

Per rendere l’abitazione accessibile ai cittadini che ne rimarrebbero esclusi deve un grande patto tra Stato, enti pubblici, cooperative e terzo settore. Bisogna ripartire dal riuso del patrimonio immobiliare pubblico abbandonate.

Ci sono infatti migliaia di immobili statali, militari o scolastici inutilizzati. Servirà una politica di Credito agevolato per giovani e single: Prestiti garantiti dallo Stato per acquisto o affitto prima casa. Sviluppo di cohousing e modelli abitativi innovativi: Spazi condivisi, affitti calmierati, formule cooperative.

Possibile superare l’emergenza

Le possibilità e i progetti come visto possono essere messi in campo ma serve anche che la politica, quella più affine alle riforme e allo Stato sociale si mobiliti, In Italia il diritto alla casa è sancito dalla Costituzione (art. 47), ma nella realtà si è trasformato in un privilegio. Così come la Sanità pubblica e il sovraffollamento nelle carceri, sono emergenze che bisogna affrontare in una stagione di iniziative che daranno una spinta al lavoro, allo sviluppo e ad una equità sociale.

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