
Una giornata, quella di ieri per Giorgia Meloni, che si è giocata su due piani, entrambi legati al dossier migranti. Da una parte, a Istanbul, il Primo Ministro ha partecipato a un vertice trilaterale con il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il Premier libico Abdulhamid Dbeibah, per rafforzare la cooperazione nella gestione dei flussi. Dall’altra, a Bruxelles, una sentenza della Corte di Giustizia Ue ha segnato una pesante battuta d’arresto per la strategia migratoria italiana, sancendo che la lista dei cosiddetti ‘Paesi sicuri’ non può essere definita unilateralmente dai governi, ma deve essere soggetta al controllo dei giudici nazionali.
A Istanbul la sponda di Turchia e Libia
Nel vertice ospitato da Erdogan, Meloni ha ribadito l’intenzione dell’Italia di consolidare l’asse con Ankara e Tripoli, valorizzando l’esperienza positiva con la Turchia anche in chiave libica. L’obiettivo è combattere le reti di trafficanti, migliorare la prevenzione dei movimenti irregolari e sostenere la capacità della Libia nella gestione della pressione migratoria. Secondo quanto riferito da Palazzo Chigi, i tre leader hanno condiviso linee d’azione comuni e avviato il lavoro tecnico per definire azioni operative concrete. Sul tavolo anche stabilità regionale, investimenti infrastrutturali, energia e progetti strategici nel Mediterraneo. Meloni ha ribadito il sostegno italiano a un processo politico libico sotto egida Onu, che porti a elezioni e garantisca unità e sovranità.
Erdogan ha colto l’occasione per rilanciare il tema mediorientale, dichiarando che “la comunità internazionale ha la responsabilità di ottenere un cessate il fuoco immediato a Gaza” e che l’unica soluzione duratura resta la creazione di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est.
La Corte Ue sconfessa il ‘modello Albania’

Mentre Meloni cercava sponde nel Mediterraneo, da Lussemburgo è arrivata una decisione che complica il progetto del governo italiano di esternalizzare la gestione dei migranti in Albania. La Corte di Giustizia dell’Ue, rispondendo a un quesito del Tribunale di Roma, ha chiarito che la designazione dei Paesi d’origine sicuri, sulla base della quale si effettuano rimpatri e trattenimenti, non può avvenire senza possibilità di sindacato da parte dei giudici nazionali.
Una posizione che, secondo la magistratura italiana, rafforza il ruolo di garanzia della giurisdizione: “I giudici hanno fatto ciò che la legge imponeva loro”, ha dichiarato l’Associazione nazionale magistrati. Ma per Palazzo Chigi si tratta di una “decisione che sorprende”: la Corte, secondo il governo, ha di fatto delegato a “qualsiasi giudice nazionale” il potere di rimettere in discussione valutazioni complesse già assunte da ministeri competenti e approvate dal Parlamento. Il verdetto viene considerato un rischio per la tenuta delle politiche di controllo dei flussi: “Così si riducono i margini di azione degli Stati”, si è letto nella nota ufficiale
Salvini: “Giudici politicizzati”

Durissima la reazione del Vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, che ha bollato la sentenza come “un precedente grave” e un’ulteriore dimostrazione che “le istituzioni europee, così come sono, sono un danno. Se qualche magistrato vuole fare politica smetta di fare il magistrato e si candidi”.
Anche Fratelli d’Italia, Forza Italia e altri esponenti del Centrodestra hanno parlato di deriva giurisprudenziale, accusando la Corte di “esautorare governi legittimamente eletti”. La decisione europea, hanno lamentato, arriva a pochi mesi dall’entrata in vigore del nuovo Patto Ue su migrazione e asilo, che rafforzerà proprio il principio dei Paesi sicuri a livello comunitario.
“Bocciatura della linea Meloni”

Opposta la lettura delle opposizioni, che hanno visto nella pronuncia un colpo mortale al protocollo Italia-Albania, da mesi al centro delle critiche. Per il Pd, con Alessandro Zan e Francesco Boccia, è la “fine della propaganda meloniana” sull’immigrazione. Per Riccardo Magi (+Europa) si tratta della “dimostrazione che i giudici hanno fatto il loro dovere”.
Duri anche i commenti di Italia Viva e M5S, che hanno accusato il Presidente del Consiglio di voler piegare il diritto agli slogan elettorali. Durissima anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein che ha accusato l’esecutivo di aver ignorato le norme italiane ed europee con una scelta “illegale e disumana” sui centri per migranti in Albania, costata oltre 800 milioni di euro: “Soldi che potevano essere usati per la sanità”, ha sottolineato, ironizzando sul fatto che ora il governo potrebbe prendersela anche con la Corte Europea.