L’inflazione in Giappone ha registrato un rallentamento superiore alle attese nel mese di giugno, offrendo un momentaneo sollievo ai consumatori ma complicando le strategie della Banca del Giappone (BoJ). Secondo i dati ufficiali, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è cresciuto del 3,3% su base annua, in calo rispetto al 3,5% di maggio e al di sotto delle previsioni degli analisti. Il dato “core”, che esclude alimentari freschi e energia, si è attestato al 3,3%, mentre la misura “core-core” monitorata dalla BoJ ha accelerato al 3,4%, segnalando una persistenza delle pressioni inflazionistiche sottostanti. A pesare sul rallentamento sono stati soprattutto i prezzi dell’energia e dei carburanti, in calo per il secondo mese consecutivo. Tuttavia, il costo del riso è aumentato di oltre il 99% rispetto all’anno precedente, complice una crisi di approvvigionamento e condizioni climatiche avverse. Il rallentamento dell’inflazione arriva in un momento delicato per l’economia giapponese, che ha registrato una contrazione del PIL dello 0,2% nel primo trimestre del 2025. La BoJ si trova ora di fronte a un dilemma: da un lato, l’inflazione resta ben al di sopra del target del 2%; dall’altro, la crescita economica è debole e le nuove tariffe commerciali statunitensi minacciano ulteriori pressioni. Gli analisti sono divisi: alcuni prevedono un ritardo nell’aumento dei tassi di interesse, mentre altri ritengono che la BoJ potrebbe agire già entro fine anno per contenere l’inflazione persistente. Intanto, il malcontento pubblico cresce, alimentato da salari stagnanti e costi di vita elevati. Il rallentamento dell’inflazione giapponese è dunque solo una parte di un quadro economico più ampio e complesso, che richiederà decisioni strategiche e delicate nei prossimi mesi.