Si è spento a 88 anni Goffredo Fofi, figura centrale della cultura italiana del Novecento. Intellettuale poliedrico, è stato saggista, giornalista e critico cinematografico, letterario e teatrale. Il suo nome è legato a decenni di riflessione sull’Italia, attraversando con lucidità i cambiamenti culturali, politici e sociali.
Nato a Gubbio nel 1937, aveva iniziato giovanissimo il suo percorso nel mondo della cultura e dell’attivismo. Negli anni Sessanta fu tra i primi a occuparsi delle periferie urbane, del disagio sociale e dell’immigrazione interna dal Sud al Nord Italia. I suoi studi sul tema, come L’immigrazione meridionale a Torino, sono ancora oggi citati per la loro capacità di leggere il Paese dal basso.
Una voce indipendente nelle redazioni italiane
Fofi ha scritto per testate importanti come Il Giorno, Panorama, La Repubblica, Il Messaggero, Famiglia Cristiana e Avvenire. Ovunque mantenne uno stile personale, diretto, spesso controcorrente. Non temeva di esprimere opinioni scomode e si è sempre rifiutato di allinearsi alle mode culturali del momento.
Ha diretto riviste culturali di riferimento come Linea d’ombra, Lo Straniero e, fino agli ultimi anni, Gli Asini, che ha fondato e curato con particolare attenzione ai temi dell’educazione, della scuola, delle disuguaglianze e dei migranti. Era convinto che il lavoro culturale dovesse avere un ruolo politico, nel senso più alto del termine, ovvero partecipare alla costruzione di una società più consapevole e solidale.
Il cinema come strumento di lettura del mondo
Appassionato di cinema, Fofi ha sempre utilizzato l’arte cinematografica per leggere la realtà. Non si è mai limitato a recensire i film, ma ne traeva spunti per riflessioni più ampie sulla società, sulla giustizia, sull’esclusione. Amava il cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta, ma anche i nuovi autori indipendenti. Con Capire il cinema ha cercato di offrire al pubblico strumenti per leggere i film con occhi più consapevoli, lontani dalle logiche commerciali.
Ha scritto saggi su autori come Pier Paolo Pasolini, cui era profondamente legato, e Roberto Rossellini. In Pasolini. Un’idea di Italia, ha ricostruito il pensiero del poeta friulano, condividendone molte delle intuizioni sull’evoluzione della società italiana e sul ruolo degli intellettuali.
Il ricordo di Nino D’Angelo
Tra i primi a ricordarlo, il cantante Nino D’Angelo, che ha voluto sottolineare un lato meno noto del lavoro di Fofi: “È stato l’unico intellettuale italiano a difendere davvero la dignità della musica napoletana. Non lo dimenticherò mai. Con lui perdiamo un pensatore vero, uno che sapeva ascoltare”.
Fofi infatti non ha mai ignorato la cultura popolare. Anzi, l’ha sempre considerata parte integrante del patrimonio culturale italiano. Ha scritto con interesse della canzone d’autore, delle tradizioni locali, delle storie di quartiere. Ha dato spazio a voci fuori dal coro, contribuendo a far emergere artisti e scrittori rimasti a lungo ai margini.
L’intellettuale come sentinella del presente
Negli ultimi anni Fofi aveva continuato a scrivere, a partecipare a incontri, a formare giovani. I suoi interventi su Gli Asini erano dedicati soprattutto al mondo della scuola e dell’educazione. Riteneva fondamentale un approccio pedagogico che mettesse al centro il pensiero critico e la libertà interiore.
In un panorama culturale sempre più appiattito, Fofi ha rappresentato un punto fermo. Non ha mai avuto paura di prendere posizione, anche quando ciò significava isolarsi. La sua voce era riconoscibile per rigore, umanità e senso di giustizia.