I leader della Nato si sono riuniti ieri all’Aja per un vertice cruciale segnato da due priorità: riaffermare il sostegno all’Ucraina e discutere l’obiettivo, divisivo, di portare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035. Il segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte, ha aperto i lavori parlando di “sostegno incrollabile” a Kiev e ribadendo che la Federazione Russa rappresenta “la minaccia più significativa e diretta” per la sicurezza euro-atlantica. A margine del summit, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato un imminente incontro con Donald Trump, in un momento in cui il conflitto tra Israele e Iran rischia di oscurare l’invasione russa in Ucraina, giunta al suo quarto anno. Se da un lato gli alleati rafforzano la cooperazione militare, dall’altro resta il rischio che l’attenzione internazionale venga distratta da altre crisi. In un’intervista a Sky News, Zelensky ha lanciato un allarme chiaro: “Se l’Ucraina cade, Putin non si fermerà”, e potrebbe attaccare un Paese Nato “entro i prossimi cinque anni”; “L’aumento delle spese militari al 5% del PIL è troppo lento – ha dichiarato. Zelensky ha anche confermato che incontrerà il presidente Trump durante il vertice, pur ammettendo che i dettagli sono ancora in via di definizione. Intanto però resta in sospeso la possibilità di nuovi colloqui diretti tra Stati Uniti e Russia. Una fonte diplomatica turca ha confermato ieri che Ankara non ha ricevuto alcuna richiesta per un terzo ciclo di negoziati, né sono noti tempi o luoghi per una ripresa del dialogo.
Nato divisa sul 5% di spesa militare
L’alleanza ha posto sul tavolo un obiettivo ambizioso: destinare entro il 2035 il 5% del PIL nazionale alla difesa. Un obiettivo sostenuto con forza dagli Stati Uniti e da alcuni Paesi europei, ma osteggiato da altri. Spagna e Slovacchia hanno già espresso riserve, mentre Regno Unito, Francia, Germania e Paesi Bassi hanno aderito. Anche le nazioni più vicine alla Russia e alla Bielorussia si sono dette pronte a fare la propria parte. “Non viviamo più nel mondo del dopoguerra fredda – ha dichiarato Rutte –. Ci sono nemici che potrebbero attaccarci. Dobbiamo difendere il nostro stile di vita, i nostri valori”. Secondo il segretario generale, la Nato deve saper affrontare più conflitti contemporaneamente, dal Medio Oriente all’Ucraina.
Macron e Merz: “Serve difesa europea più forte”
Su Financial Times, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz hanno ribadito la necessità di rafforzare il “pilastro europeo della Nato”. Secondo i due leader, “la Russia conduce una guerra imperialista per minare la sicurezza europea”. Hanno quindi annunciato l’obiettivo comune di destinare fino al 5% del PIL alla difesa, con un 3,5% per spesa militare di base e un ulteriore 1,5% per altre forme di sostegno strategico. “La deterrenza nucleare – scrivono – resta la pietra angolare della nostra sicurezza, ma serve un’Europa più forte e più capace, complementare alla Nato”. Sul fronte politico, l’Unione Europea si prepara a rinnovare il proprio sostegno al percorso di adesione dell’Ucraina. In una bozza delle conclusioni del Consiglio europeo del 26 giugno, si legge che “l’Ucraina ha il diritto di scegliere il proprio destino” e che Bruxelles “accoglie i significativi progressi nelle riforme”. Il cluster sui principi fondamentali è pronto per essere aperto, e l’UE attende “con interesse le prossime fasi del processo di adesione”.
Il Cremlino: “Siamo dipinti come demoni”
La risposta di Mosca non si è fatta attendere. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha accusato la Nato di “demonizzare la Russia” per giustificare un’escalation militare e promuovere l’obiettivo del 5%. “L’alleanza è stata creata per lo scontro, non per la pace”, ha dichiarato, definendo la politica dell’Alleanza una “militarizzazione sfrenata”. Secondo il Cremlino, la Russia non ha intenzione di attaccare Paesi Nato, ma ritiene “inutile” cercare di convincere l’Occidente, che “ha bisogno di un mostro e ha scelto noi”.
Missili su Dnipro e droni su Sumy
Mentre si discute di deterrenza e spesa militare nei palazzi della diplomazia, la guerra sul campo non conosce tregua. Un attacco missilistico russo ha colpito ieri la regione di Dnipro: il bilancio provvisorio è di almeno nove morti, tra cui due a Samar, e circa 80 feriti, inclusi dieci bambini. Ospedali, scuole, treni e palazzi sono stati danneggiati. La procura ucraina parla dell’“ennesimo crimine di guerra della Federazione Russa”. Poche ore prima, un attacco con droni russi aveva colpito un villaggio nella regione di Sumy, uccidendo un bambino di otto anni e due adulti. “Erano tutti nella stessa strada, addormentati nelle loro case. I droni russi hanno interrotto il loro sonno, per sempre”, ha scritto l’amministrazione locale. In risposta, l’Ucraina ha rivendicato un attacco contro un deposito petrolifero nella regione russa di Rostov, utilizzato per il rifornimento delle forze di occupazione. Secondo Kiev, l’operazione – condotta da forze speciali e artiglieria – ha provocato un incendio nella struttura. Mosca ha confermato l’attacco ma ha minimizzato i danni.