La Nuova Zelanda ha sospeso milioni di dollari di aiuti destinati alle Isole Cook, in risposta alla firma di un controverso accordo di partenariato strategico con la Cina. La decisione, annunciata dal vicepremier e ministro degli Esteri Winston Peters, segna un punto di rottura in una relazione storica basata su una “libera associazione” che garantiva all’arcipelago sostegno economico, difesa e cittadinanza neozelandese. Secondo Wellington, il governo delle Isole Cook avrebbe violato i principi di trasparenza previsti dagli accordi bilaterali, omettendo di informare in modo chiaro e tempestivo sull’intesa con Pechino. Il premier delle Cook, Mark Brown, ha invece difeso la scelta, definendola “una mossa per diversificare le opportunità economiche” e ha accusato la Nuova Zelanda di “interferenze negli affari interni”. L’accordo con la Cina, firmato a Pechino lo scorso febbraio, prevede investimenti in infrastrutture, pesca e industria mineraria sottomarina, con particolare attenzione allo sfruttamento dei noduli polimetallici presenti nei fondali oceanici. Un’area strategica che, secondo Wellington, rischia di trasformarsi in un cavallo di Troia per l’influenza cinese nel Pacifico. Le Isole Cook, con una popolazione di circa 17.000 abitanti, hanno finora beneficiato di un regime fiscale agevolato e di un forte legame economico con la Nuova Zelanda. Ma la crescente presenza cinese nella regione – già visibile in Tonga, Kiribati e Isole Salomone – ha acceso l’allarme tra le potenze occidentali, in particolare Australia e Stati Uniti, che temono un riequilibrio geopolitico nell’area. La sospensione degli aiuti potrebbe avere ripercussioni significative sull’economia locale, ancora fragile dopo la pandemia e fortemente dipendente dal turismo e dai trasferimenti esterni. Intanto, il governo di Avarua ha annunciato che non intende fare marcia indietro.