Mentre il bilancio delle vittime civili a Gaza continua a salire e si estendono i raid israeliani in Siria, la comunità internazionale resta incapace di fermare il ciclo di violenza. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si prepara a votare una risoluzione per un cessate il fuoco immediato e l’accesso umanitario illimitato, ma il timore di un nuovo veto da parte degli Stati Uniti è elevato. Intanto, l’esercito israeliano ha colpito con un drone una tenda per sfollati a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, uccidendo almeno 12 persone, tra cui donne e bambini. Secondo fonti mediche e la Difesa Civile palestinese, la tenda si trovava nei pressi della scuola Al-Hinnawi. Un altro episodio ancora più grave ha visto l’Idf aprire il fuoco su civili in coda per ricevere aiuti alimentari: le vittime sarebbero 58. L’ONU ha parlato di “crimini di guerra” e Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ha chiesto di riconsiderare i rapporti con Israele. Di diverso avviso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha definito controproducente l’interruzione dell’accordo di associazione con Israele. Dure anche le parole di Mirjana Spoljaric, presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa: “Gaza è peggio dell’inferno sulla terra. Il diritto internazionale è svuotato, i palestinesi privati della dignità”. Il CICR ha oggi 130 operatori nella Striscia e gestisce l’ospedale chirurgico di Rafah.
Attacchi in Siria
Sul fronte siriano, l’esercito israeliano ha colpito basi militari nella Siria meridionale in risposta al lancio di due razzi verso le Alture del Golan. Secondo Israele, la responsabilità è diretta del presidente siriano Ahmad al-Shara. Damasco nega ogni coinvolgimento e parla di “pesanti perdite umane e materiali”, accusando Israele di aver violato la sovranità nazionale.
Pressioni da Londra e tensioni diplomatiche in Europa
Dall’Europa si moltiplicano le pressioni. Il premier britannico Keir Starmer ha definito la situazione a Gaza “intollerabile”, evocando possibili nuove sanzioni contro Israele. Londra ha già sospeso i negoziati per un accordo commerciale e sanzionato coloni coinvolti in violenze in Cisgiordania. Starmer ha ribadito la necessità di un cessate il fuoco, del rilascio degli ostaggi e dell’ingresso degli aiuti umanitari. In Italia, la possibilità di sospendere l’accordo UE-Israele divide il governo. Tajani, pur favorevole al riconoscimento di uno Stato palestinese, invita alla prudenza. Il ministro della Difesa Guido Crosetto è stato più critico: “La politica di Netanyahu rischia di generare nuove generazioni di terroristi”. Ma ha escluso l’idea di punire l’intero popolo israeliano per le scelte del suo governo.
Proteste in Israele e appelli internazionali
Sul fronte interno, cresce anche in Israele l’opposizione alla guerra. Da Tel Aviv è partita una marcia di tre giorni verso il confine con Gaza per chiedere la fine del conflitto e il ritorno degli ostaggi. Venerdì è prevista una “White March” organizzata da movimenti pacifisti. Nel frattempo, il governo israeliano ha annunciato l’ingresso a Gaza di 157 camion con aiuti alimentari, distribuiti attraverso la Gaza Humanitarian Foundation. Infine, si alza la voce della diplomazia internazionale. Dodici Paesi, tra cui l’Italia, hanno condannato le violenze dei coloni contro il villaggio cisgiordano di Mughayir a-Deir. Le missioni diplomatiche hanno chiesto lo smantellamento di un avamposto illegale e denunciato un “modello di sfollamento forzato”. Anche la Santa Sede è intervenuta, con il cardinale Pietro Parolin che ha chiesto la fine del blocco umanitario: “Nessuna guerra è inevitabile, nessuna pace è impossibile”.
Khamenei: “Israele sull’orlo dell’annientamento”
Dall’Iran, la Guida Suprema Ali Khamenei ha lanciato un attacco frontale contro Israele e Stati Uniti, definendo Tel Aviv “sull’orlo dell’annientamento” e accusando Washington di complicità nei crimini a Gaza. Ha invitato i Paesi islamici ad agire, affermando che “non è più il tempo delle buone maniere”.