La guerra più lunga e devastante in Europa dal secondo conflitto mondiale potrebbe essere a un punto di svolta. Ma anche ieri si è portata dietro un altro carico di devastazione: 108 droni russi hanno colpito le regioni di Kiev e Sumy, secondo quanto riferito dall’Aeronautica ucraina. “Ne abbiamo abbattuti 60”, spiegano i comandi militari di Kiev. Ma le esplosioni e i blackout notturni sono ancora una realtà per milioni di civili. Eppure, per la prima volta dopo mesi di stallo, parole nuove si affacciano sul palcoscenico diplomatico: “negoziati diretti”, “cessate il fuoco”, “pace duratura”. A pronunciarle non sono emissari, ma i vertici stessi delle nazioni in guerra.
Il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto una conferenza stampa al Cremlino che ha acceso i riflettori internazionali: “La Russia è pronta a condurre negoziati seri con l’Ucraina per eliminare le cause profonde del conflitto”. La proposta è chiara: un primo incontro a Istanbul giovedì 15 maggio, proprio dove nel 2022 si era aperta (e chiusa) la precedente finestra negoziale.
Proposta sul tavolo
Putin ha poi rilanciato una narrazione che cerca di spostare il peso della responsabilità: “Non siamo stati noi a interrompere i negoziati nel 2022. La nostra proposta è sul tavolo. La decisione ora spetta a Kiev e ai suoi curatori”. Parole accompagnate da riferimenti polemici alle violazioni delle tregue da parte ucraina e alle pressioni occidentali che, secondo il Cremlino, avrebbero impedito la firma di una bozza di accordo già pronta. Poco dopo è arrivata la risposta del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non è un “no” ai colloqui, ma una condizione essenziale: “Noi siamo pronti, ma il cessate il fuoco deve iniziare da subito. Non ha senso continuare a massacrare anche solo per un giorno”.
Zelensky ha parlato sui social, rivolgendosi in particolare all’opinione pubblica internazionale. “Il primo passo per porre fine a una guerra è smettere di combattere. Ci aspettiamo che la Russia confermi un cessate il fuoco completo, duraturo e affidabile a partire da domani, 12 maggio”. Ossia, da oggi. Un messaggio netto, che però non è stato accompagnato da una conferma formale della partecipazione a Istanbul. Fonti diplomatiche ucraine lasciano trapelare cautela: “Abbiamo imparato a non fidarci degli annunci russi se non sono seguiti dai fatti”.
“Turchia pronta a ospitare”
In questo difficile equilibrio si inserisce Recep Tayyip Erdogan, Presidente turco e mediatore di lunga data tra Russia e Ucraina. In una telefonata con Putin, ha confermato che “la Turchia è disponibile a ospitare i colloqui di pace da dove si erano interrotti”, definendo la proposta di Mosca “un’opportunità concreta per arrivare a una soluzione permanente”. Il Presidente turco ha già svolto in passato un ruolo chiave nell’accordo sul grano del Mar Nero e gode ancora di un certo credito diplomatico con entrambe le parti. La sede di Istanbul è stata accettata anche in passato da Kiev.
A sorpresa, anche Donald Trump è intervenuto. Il Presidente americano ha definito questa “una giornata potenzialmente grandiosa per la Russia e per l’Ucraina”. “Pensate alle centinaia di migliaia di vite che saranno salvate se questo interminabile bagno di sangue finirà”, ha scritto su Truth Social. Trump ha poi assicurato il suo impegno personale per sostenere il processo: “Continuerò a lavorare con entrambe le parti per assicurarmi che ciò accada”.
Guerra e diplomazia
Nonostante i segnali di apertura, la guerra continua. I 108 droni lanciati la notte scorsa sono la più massiccia ondata di attacchi aerei delle ultime settimane, proprio a ridosso della presunta fine della tregua proclamata unilateralmente da Mosca per le celebrazioni del 9 maggio, il Giorno della Vittoria. E se Kiev accusa (“La Russia parla di pace ma continua a bombardare”)Mosca ribatte: “Sono state le forze ucraine a violare 130 volte la tregua di 30 giorni sugli impianti energetici, e quasi 5.000 volte la tregua pasquale”.