
Padre, lei era molto affezionato a Papa francesco?
Si, gli ho voluto molto bene.
E ora, che cosa significa avere un Papa americano e agostiniano?
Io direi che è un Papa poliedrico nel vero senso della parola, perché prima di tutto è un missionario e questo significa che è un uomo che ha a cuore la parola di Dio. D’altronde è un agostiniano, quindi un profondo conoscitore della tradizione della Chiesa a partire da Sant’Agostino. È un uomo che crede nella sinodalità, nel confronto e nei fondamenti di una sana ecclesiologia secondo quello che è lo spirito del Vaticano. Secondo, è un uomo di pace. Le prime parole che ha proferito affacciandosi dalla basilica vaticana è stato un augurio di pace, “la pace sia con voi”, pace che va intesa come lui l’ha spiegata e declinata. Per usare il gergo di Don Tonino Bello le differenze non sono un accidente, una disgrazia, ma un dono e il nuovo Papa questo ce lo ha ben chiaro, perché ha proseguito dicendo che bisogna gettare ponti, che sono l’esatto contrario dei muri.
Tutto fa pensare, quindi, che ci sarà una continuità con il pensiero di Papa Bergoglio?
È evidente che questo Papa crede nella dottrina sociale della Chiesa e in particolare nel magistero di Papa Francesco, quello enunciato nell’enciclica “Fratelli tutti”. Siamo tutti sulla stessa barca, nessuno si salva da solo, che è l’esatto contrario di quella che è la filosofia politica oggi sia negli Stati Uniti sia, devo dire, anche in Europa, incentrata sui sovranismi e i regionalismi. Queste chiusure sono contro il Vangelo. Forse mai come oggi dobbiamo comprendere che abbiamo un destino comune ed è interessante che il suo primo messaggio sia stato un messaggio di pace. L’istanza è quella di gettare ponti.
È significativo il fatto che si sia rivolto alla sua diocesi peruviana, dove ha servito come vescovo, in spagnolo?
Si è manifestato come un Papa poliglotta, che ha il desiderio di comunicare al mondo e, quindi, di uscire fuori le mura. Beh, questi sono tutti i messaggi che rappresentano l’esatto contrario di quelle che potevano essere le attese di mister Trump. Lui ha avuto il merito, ma devo dire prima di lui chi l’ha scelto, i cardinali elettori, di capire che se vogliamo contrastare l’antiamericanismo crescente, quella spaccatura che oggi separa le Americhe, in particolare gli Stati Uniti, dal resto d’Europa, la sua scelta è quella giusta, perché gli americani non sono tutti come mister Trump, nonostante che questo signore sia stato eletto dalla maggioranza degli americani. Gli americani hanno anche un indole diversa, anche perché poi è un popolo multietnico e anche multi religioso ed è un popolo che ha una tradizione di tolleranza, anche se poi chiaramente sperimenta al proprio interno le proprie contraddizioni. Diciamo che Papa Leone XIV e il volto bello delle Americhe.
Cosa ci dice la scelta del suo nome?
Qualcuno ha fatto riferimento al Leone Magno, il Papa che fermò Attila nel momento in cui si apprestava a invadere Roma. Qualcuno ha detto ha fatto riferimento a Leone XIII che è il Papa della “Rerum Novarum”, la prima enciclica sociale della Chiesa e il Papa che ha fatto entrare i pellirossa, accompagnati da bufalo Bill, nel lontano 1890 (la data è più o meno è quella, anno più anno meno) nella basilica vaticana ed è stato un Papa, peraltro, che si è interessato degli Stati Uniti, delle Americhe, in termini generali. Qualcuno ha anche pensato a Fra’ Leone della tradizione francescana come se Francesco Bergoglio per intenderci abbia passato il testimone ora a Frate Leone, cioè a quel Pontefice che deve materializzare molti dei percorsi innescati da Papa Francesco. E qui è importante cogliere la relazione tra i due Pontefici, perché se è vero che Papa Francesco ha innescato processi, ha tracciato percorsi, è stato un Papa divisivo nell’accezione nobile del termine, perché è stato segno di contraddizione, ma questo richiedeva il momento storico in cui è stato eletto. Oggi bisogna passare a una fase attuativa, bisogna che quelle istanze trovino un felice riscontro per esempio nella pastorale ordinaria, ma anche in termini generali, in quelle che sono le scelte del consesso delle Nazioni quando si tratta, per esempio, del rispetto dei diritti umani. Io credo che possiamo considerarci più che soddisfatti.
Sicuramente ci sono già i primi segnali di continuità, ma c’è ne sono anche di discontinuità, cioè sembrerebbero esserci uguaglianze e differenze tra i due Papi, soprattutto in termini di accoglienza verso tutti. Si dice, per esempio, che lui verso il mondo lgbtq plus non sia così altrettanto aperto, è così?
Primo, dobbiamo vederlo all’opera e secondo è evidente che Leone non è Francesco, ma sicuramente i fondamenti del suo predecessore ci sono. È anche vero che ognuno ha il suo carisma, la sua sensibilità, lo vedremo all’opera.
Si può dire che è stato scelto perché poteva rappresentare il compromesso tra l’area più conservatrice e quella rinnovatrice?
Questo non lo si può chiedere a uno come me, a un uomo di Chiesa, perché io credo che sia stato un atto di fede da parte di chi l’ha scelto. Questo vale per tutti i credenti, in sostanza significa che il conclave è comunque una Pentecoste nella quale si invoca lo Spirito Santo. Ognuno è libero di credere o meno, però per me c’è stato lo zampino del buon Dio, perché le caratteristiche di questo Papa rispondono, dal mio modesto punto di vista, a quelle che sono le istanze dei cosiddetti segni. Lo ripeto, possiamo considerarci più che soddisfatti. Poi ora lo dovremmo vedere all’opera.
Tornando alle sue origini americane, questo potrà aiutare nel dialogo con l’America trumpiana, con mister Trump?
Quantomeno servirà a fare chiarezza e a capire che, comunque, molte delle cose che questo signore dice – mi riferisco a Trump – non sono condivise dalla Chiesa ed è evidente che se questo gli viene detto da uno straniero è un conto mentre se gli viene detto da un cittadino americano così autorevole è un altro.
E come giudicare che rispetto a Francesco si è già mostrato al mondo vestito diversamente, con tutti i paramenti e non con la sola talare bianca?
Personalmente non disturba, perché se ci soffermiamo su questi dettagli a mio avviso siamo proprio fuori strada. È evidente che ognuno ha la sua sensibilità, farà le sue scelte, poi chiaramente ognuno giudica secondo coscienza. Il giudizio deve essere sulle questioni sostanziali e mi pare che le cose che ha detto nel primo discorso siano molto più che rassicuranti.
Essendo stato missionario, come lei, l’impegno del Papa sarà incentrato sul dare voce al Sud del mondo?
Penso di si. Dobbiamo dargli la possibilità adesso di esercitare il ministero, quindi sicuramente i suoi interventi, a partire da quello di lunedì, quando incontrerà i giornalisti, saranno molto importanti.
La scelta di un Papa americano risponde all’idea di rendere l’Occidente coeso contro la “minaccia” asiatica?
È una domanda impropria, la Chiesa cattolica non è una costola dell’Occidente.
In conclusione, mi sembra di capire che lei è molto ottimista rispetto alla prospettiva di una certa continuità con lo spirito riformatore di Papa Francesco?
Sono molto ottimista. In lui c’è una sana spiritualità agostiniana, incentrata sul magistero dei padri della Chiesa. È un uomo di preghiera, ha una sana teologia alle spalle, una teologia che comunque è radicata sempre, in ogni caso, nell’ascolto della parola. Voglio dire che ce ne sono di cose belle. Credo, comunque, che sia fondamentale esprimere un giudizio su quello che sarà il ministero petrino così come lo eserciterà, perché su quello possiamo confrontarci, sullo spirito di dialogo e di ascolto, anche perché è un’autorità morale religiosa, è un’autorità non solo per la Chiesa cattolica in un momento in cui c’è un deficit di leadership a livello planetario.