Mentre in Israele si commemorava il Giorno della Memoria per i caduti in guerra, la tensione si è accesa nuovamente lungo più fronti: dalla Siria alla Striscia di Gaza, passando per lo Yemen e i negoziati sul nucleare iraniano. Durante le commemorazioni a Gerusalemme, il ministro della Difesa Katz ha ribadito l’obiettivo israeliano: “Una vittoria netta e senza compromessi su Hamas”. Ronen Bar, capo dello Shin Bet, ha assicurato che Israele continuerà a perseguire “fino all’ultimo” i responsabili del massacro del 7 ottobre e a lavorare per la liberazione dei 59 ostaggi ancora detenuti. Ma in molte città israeliane, i ministri presenti sono stati contestati duramente: a Tel Aviv, Ramle e Holon si sono alzate grida di protesta, cartelli e accuse di tradimento. Il dolore per gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas si mescola alla crescente frustrazione verso il governo.
Attacchi in Siria
Nella giornata di ieri, l’esercito israeliano ha condotto un attacco aereo nei pressi di Sahnaya, sobborgo a sud-ovest di Damasco, dichiarando di aver preso di mira un gruppo di “estremisti” che si preparavano ad attaccare la comunità drusa. L’operazione, confermata da un comunicato congiunto del primo ministro Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa Israel Katz, è stata presentata come un’azione di difesa preventiva a tutela di una minoranza religiosa “storicamente legata a Israele”. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sono almeno 13 i morti registrati solo nelle ultime ore, che si sommano ai 17 caduti il giorno precedente nei combattimenti tra miliziani drusi e forze sunnite filogovernative. Tra le vittime anche un membro delle forze di sicurezza siriane, colpito da un raid israeliano. Tuttavia fonti interne al governo siriano accusano Tel Aviv di interferenze illegittime in un conflitto interno. Walid Joumblatt, figura di riferimento dei drusi libanesi, ha invitato i correligionari siriani a rifiutare l’ingerenza israeliana, accusando Netanyahu di voler “trascinare i drusi in una guerra senza fine contro i musulmani”. In Israele, intanto, la tensione ha raggiunto anche le strade: manifestanti drusi hanno bloccato ieri l’autostrada 85 nel nord del Paese bruciando pneumatici e paralizzando il traffico. Lo sceicco Mowafaq Tarif, guida spirituale della comunità drusa israeliana, ha chiesto un intervento immediato per “evitare un massacro”.
Fuoco su Gerusalemme
Parallelamente grandi incendi hanno colpito le colline intorno a Gerusalemme, innescando una dichiarazione di “emergenza nazionale”. Secondo messaggi pubblicati su Telegram da Hamas e da altri gruppi, si tratterebbe di una strategia deliberata: “Bruciate tutto, boschi, foreste e case dei coloni”, recitava uno dei post. Un incitamento che ha trovato eco in diverse zone della Cisgiordania, dove sono stati registrati roghi dolosi su vasta scala.
Ancora bombe in Yemen
Un’altra linea del fronte si è accesa ieri nello Yemen, dove caccia britannici Typhoon hanno partecipato a un’operazione congiunta con gli Stati Uniti contro un impianto di produzione di droni degli Houthi. Il bombardamento ha colpito un complesso a 25 km da Sana’a, considerato una base strategica per la costruzione di droni usati contro le navi nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Secondo fonti locali, centinaia di civili sono rimasti uccisi o feriti nei raid condotti da metà marzo, che avrebbero colpito oltre 1.000 obiettivi. Gli Houthi, che controllano ampie porzioni del Paese, giustificano i loro attacchi come solidarietà con i palestinesi a Gaza. La risposta angloamericana punta a disinnescare una minaccia che ha già messo in crisi il traffico commerciale nella regione.
Iran, nuovi negoziati a Roma
Intanto, sul fronte della diplomazia, Roma si prepara ad accogliere un nuovo round di colloqui sul nucleare iraniano. Dopo l’incontro di venerdì con i tre Paesi europei garanti dell’accordo del 2015 (Francia, Germania, Regno Unito), è previsto per sabato il faccia a faccia tra Teheran e Washington.Ma le tensioni restano alte. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha accusato gli Stati Uniti di comportamenti provocatori e ha minimizzato il ruolo attuale della troika europea. L’AIEA, l’agenzia dell’ONU per l’energia atomica, secondo Teheran, non ha più voce in capitolo nel negoziato. Araghchi ha ribadito che l’Iran non intende dotarsi di armi nucleari, ma vuole proseguire con il proprio programma civile.Da parte italiana, il ministro Antonio Tajani ha dichiarato che Roma è pronta ad ospitare tutti i dialoghi di pace. “Siamo considerati un partner affidabile da entrambe le parti”, ha affermato, “e faremo il possibile per facilitare un accordo”.