La Groenlandia si appresta, martedì, a un’elezione che potrebbe ridefinire il futuro del territorio artico. L’interesse suscitato dall’ex presidente americano Donald Trump per l’acquisto dell’isola ha messo la regione sotto i riflettori, intensificando il dibattito sui suoi legami con Copenaghen. “Mai prima d’ora la Groenlandia ha ricevuto tanta attenzione”, afferma Nauja Bianco, esperta di politica artica. L’isola, sotto controllo danese da tre secoli, gestisce autonomamente gli affari interni, mentre politica estera e difesa restano competenza di Copenaghen. Tra i sei partiti in corsa, cinque sostengono l’indipendenza, differenziandosi solo sui tempi di attuazione. Trump, dopo aver rilanciato l’idea di acquisire la Groenlandia nel 2019, ha ribadito la proposta nel 2023, suscitando reazioni accese. “Meritiamo rispetto”, ha dichiarato il Primo Ministro Mute Egede. Le affermazioni di Trump hanno alimentato il desiderio di separazione dalla Danimarca, portando il tema dell’indipendenza al centro del dibattito. Secondo Nauja Bianco, questa aspirazione è cresciuta nel tempo. Egede descrive la separazione come essenziale per superare il retaggio coloniale, rendendo il tema centrale di questa tornata elettorale. Il partito Inuit Ataqatigiit (IA), guidato da Egede, propone un approccio graduale all’indipendenza, Naleraq, principale forza d’opposizione, spinge invece per un distacco immediato e per il rafforzamento dei legami con gli USA. Il leader di Naleraq, Pele Broberg, sostiene che la Groenlandia potrebbe lasciare il regno danese in soli tre anni, facendo leva sul crescente malcontento verso Copenaghen. Martin Breum, analista politico, prevede un possibile aumento del consenso per Naleraq, mentre il partito di centro-destra Demokraatit avverte che l’indipendenza richiederà un’economia più solida.
