“I dati dell’Agenzia delle Entrate confermano che per inseguire le multe (47,6% delle pratiche, ma 0,9% dell’importo potenzialmente incassabile rispetto al totale) si trascurano i grandi evasori. Avanti tutta con la pace fiscale e la rottamazione delle cartelle: è una scelta di buonsenso, in linea col programma elettorale e che dà ossigeno agli italiani in buonafede”, ha dichiarato Matteo Salvini. In questa direzione si muove anche Antonio Tajani: “La nostra visione è quella di ridurre la pressione fiscale. La prima proposta per la quale noi ci stiamo impegnando è quella della riduzione dell’Irpef dal 35% al 33% e dall’allargamento della base fino a 60 mila euro. Questa è una priorità perché è una riforma strutturale che va nella direzione di tutelare il ceto medio del nostro paese che non può scivolare a essere un ceto povero. Per la rottamazione, non siamo contrari, se ci sono i mezzi perché no, però è una tantum. Quindi prima si fanno le cose strutturali, ma siamo favorevoli, se ci sono i mezzi sì, assolutamente sì”.
Invece a sinistra – tanto per continuare a farsi male da soli – Nicola Fratoianni rilancia l’idea di “una patrimoniale sulle grandi ricchezze”. Il Pd ed il M5S naturalmente sono d’accordo, “ma a patto che sia internazionale, o quantomeno europea”.
E’ la vecchia idea pauperista del vecchio PCI aggiornata oggi dal PD di Elly Schlein e dal M5S di Giuseppe Conte. Durante una recente tavola rotonda sul fisco ha detto la leader del PD che: “non è un tabù un intervento sui grandi patrimoni, ma va fatto almeno a livello europeo” a cui ha fatto eco il leader pentastellao: “Non c’è dubbio che occorra un sistema più equo per quanto riguarda la tassazione. Non possiamo permettere una ricchezza concentrata in mano a pochi e peraltro spesso parassitaria, che viaggia sulle reti in qualsiasi momento può trasferirsi in ordinamenti nazionali più convenienti. Ecco perché la patrimoniale va fatta a livello globale, o quantomeno europeo. E’ un problema non solo di equità fiscale, ma di qualità della nostra democrazia”.
Il vicepremier Antonio Tajani si è incaricato dello stop: “Finché ci saremo noi al governo non ci sarà alcuna patrimoniale”.
Su questo tema un filo rosso lega la sinistra ed una parte del mondo cattolico, che si è riunito nello stesso periodo presso la Casina Pio IV, sede della Pontificia accademia di Scienze sociali, nella Città del Vaticano. L’incontro su “Tax Justice and Solidariety” ha visto riuniti il Nobel Joseph Stiglitz e l’economista Gabriel Zucman, il presidente brasiliano Ignazio Lula da Silva, il premier spagnolo Pedro Sanchez, Li Junha, sotosegretario delle Nazioni Unite, Aminata Touré del governo del Senegal, l’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, Gerassimos Thomas, direttore generale del Taxation and Customs Union, e Benjamin Angel, che dirige l’Ufficio di analisi e valutazione della tassazione. Unico italiano presente, Pasquale Tridico, eurodeputato M5S. Ha presenziato il Segretario di Stato Pietro Parolin, ha coordinato suor Helen Alford, presidente della Pass. Il cardinale Parolin ha lodato la tassazione come veicolo di “solidarietà e sviluppo”. Stiglitz dopo aver sottolineato che, al di là dell’efficienza economica, la tassazione dei super ricchi è una “questione di moralità”, ha proposto una “nuova architettura finanziaria globale”.
Quest’ultima ipotesi non è stata avanzata solo in Italia ma è emersa anche in Francia, prevedendo un contributo dei più ricchi. In Europa solo tre paesi tassano la ricchezza nel suo insieme: la Norvegia, la Spagna, e la Svizzera, il Belgio (i portafogli finanziari di un valore superiore a un milione di euro) e l’Olanda (tassa il patrimonio, esclusa la casa di prima residenza). Ciononostante ed essendo ripristinata l’operatività del Patto di Stabilità, l’idea di nuove tasse patrimoniali non sembra essere al centro del dibattito nazionale in altri Paesi europei, anche perché eventuali nuove tasse patrimoniali, secondo una recente relazione del centro studi del Parlamento europeo, potrebbero rivelarsi nei fatti una doppia tassazione, provocando fughe di capitale e scatenando nuove forme di evasione fiscale.
La ventilata tassa “patrimoniale”, che di tanto in tanto qualche sprovveduto demagogo propone e tenta di introdurre nel nostro sistema fiscale, tradisce una concezione statalista, mai completamente superata, di una certa parte politica.
Infatti anche in questa ultima occasione è tutta la sinistra a riproporre questo odioso balzello, diffondendo, oltretutto, all’interno del corpo sociale ulteriore veleno, quello dell’invidia di classe.
Eppure già nel passato si era dimostrata, oltre che inefficace, anche dannosa perché crea un clima di paura e di sfiducia trai risparmiatori, che pagano regolarmente le tasse; in quel ceto medio cioè che è stato già tartassato e distrutto nel corso degli ultimi anni e che ciò nonostante ancora sostiene quasi per intero il gettito dello Stato.
Proprio in vista della tutela di una gran parte del popolo italiano, decine di parlamentari del governo di Destra-centro hanno alzato un vero e proprio fuoco di sbarramento, a partire dal capogruppo alla Camera di Fdi Marcello Bignami per arrivare a “Noi Moderati” con Maurizio Lupi: “La patrimoniale è una ricetta sbagliata e populista che non porterebbe vantaggi economici e colpirebbe la classe media, già provata da anni difficili”. Ma perfino Carlo Calenda si è mosso in questa direzione: “Che i grandi patrimoni debbano pagare più tasse è corretto, il problema è l’applicazione. Se tassi i grandi patrimoni questi hanno la facoltà di andarsene e tu perdi gettito fiscale. E’ facile mettere bandierine è più difficile fare qualcosa che abbia un risultato concreto”, ha detto il leader di Azione.
Come si vede cambia la leadership del Partito Democratico, già partito della sinistra, ex Partito Comunista Italiano, ma la musica non cambia mai: aggravare cioè di tasse il popolo, colpire il ceto medio, “far piangere i ricchi” come si diceva un tempo. Della serie insomma: “facciamoci del male da soli” in una sorta di cupio dissolvi del tipo suicidio assistito.
Riccardo Pedrizzi
www.riccardopedrizzi.it