La caduta di Assad ha portato in effetti a rapidissimi sviluppi diplomatici. Ahmed al-Jolani, leader di Hayat Tahrir al-Sham, ha affermato che il paese non entrerà in conflitto con Israele. “La Siria ha bisogno di leggi e istituzioni statali. Abbiamo un piano per affrontare tutte le crisi e stiamo raccogliendo informazioni. Non entriamo in conflitto con Israele. Le scuse di Israele per entrare in Siria non esistono più. Non ci sono scuse per qualsiasi intervento esterno in Siria dopo la partenza degli iraniani”.
La nuova amministrazione siriana, ha aggiunto, non ha alcuna ostilità neanche nei confronti dell’Iran, e ha dato alla Russia la possibilità di riconsiderare il suo rapporto con il popolo siriano: “avremmo potuto colpire anche le basi russe in Siria, ma abbiamo preferito costruire buoni rapporti”. Jolani ha anche riferito che sono in contatto con le ambasciate occidentali e in trattative con la Gran Bretagna per ripristinare la rappresentanza a Damasco. E anche gli Stati Uniti hanno avuto “contatti diretti” con i ribelli di Hts che hanno spodestato il regime di Assad in Siria. Lo ha confermato ieri il segretario di Stato Usa dalla Giordania.
La Turchia, nel frattempo, riaprirà la sua ambasciata a Damasco, chiusa dal 2012 proprio in opposizione al regime di Assad. La Russia, da parte sua, sta facendo i preparativi per ritirare le truppe dalla Siria, secondo le immagini satellitari raccolte da Maxar e pubblicate dalla Cnn. Inoltre il Qatar ha riferito che una delegazione dell’emirato visiterà la Siria domenica per incontrare i funzionari del governo di transizione e discutere gli aiuti e la riapertura della loro ambasciata. A differenza di altri stati arabi, il Qatar non aveva mai ripristinato i legami diplomatici con Assad dopo il 2011.
Israele, invece, non smette di bombardare. Nella notte tra venerdì e sabato circa 40 attacchi aerei hanno preso di mira obiettivi militari, tra cui un centro di ricerca a nord della capitale siriana, un deposito di armi, un aeroporto militare e tunnel sotterranei. Lo riferisce l’ Osservatorio siriano per i diritti umani.
Il primo ministro libanese Najib Mikati a Roma
Il primo ministro libanese Najib Mikati, che venerdi è stato ricevuto dal Papa, ha incontrato sabato alle 17.30 a Palazzo Chigi la Presidente del consiglio Giorgia Meloni. Mikati ha tenuto anche un incontro con gli ambasciatori arabi accreditati in Italia, su invito dell’ambasciatrice del Libano a Roma, Mira Daher, e alla presenza dell’ambasciatore del Libano in Vaticano, Ghadi Khoury. Tra i colloqui, Mikati ha incontrato a Roma anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas, che era stato ricevuto venerdi al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Le autorità libanesi hanno segnalato circa 220 violazioni israeliane dall’entrata in vigore del cessate il fuoco il 27 novembre. “La sfida principale è ritenere Israele responsabile delle sue violazioni dell’accordo di cessate il fuoco e chiedere il ritiro delle sue forze dal territorio libanese”, si legge in una dichiarazione dell’ufficio del primo ministro. “Stiamo aspettando l’attuazione di queste misure con garanzie americane e francesi, ma non vediamo un impegno da parte di Israele”.
Mikati ha inoltre sottolineato l’importanza che i territori palestinesi ottengano la piena adesione alle Nazioni Unite per un riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina.
Hamas: “eccellente opportunità”. Anp: “non sono al governo”
Un alto funzionario di Hamas ha dichiarato al quotidiano saudita Al-Sharq che “c’è un’eccellente opportunità” per annunciare un accordo sugli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza, “se Donald Trump riesce a impedire che Benyamin Netanyahu blocchi l’accordo, allora ci troveremo di fronte a un graduale accordo di cessate il fuoco, forse prima della fine dell’anno”. Intanto il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, in un’intervista al Corriere della Sera ha dichiarato che la Striscia “deve essere guidata dall’Anp. Hamas fa parte del nostro popolo, non li escludiamo, ma non sono al governo”. E ha aggiunto: “noi lavoriamo seguendo il diritto internazionale: c’è una risoluzione dell’Onu, la 2735 proposta dagli Usa. Non vogliamo un altro patto non ufficiale come quello stipulato tra Hamas e Israele nel 2007. Vogliamo vivere in sicurezza e prosperità in Palestina, con la sua capitale Gerusalemme Est. In pace, accanto allo Stato di Israele, che riconosciamo da 30 anni”.
Unicef: a Gaza uccisi 4 al giorno
A Gaza, si legge in un comunicato dell’Unicef, “negli ultimi 14 mesi più di 14.500 bambini sono stati uccisi e quasi tutti gli 1,1 milioni di bambini di Gaza hanno urgente bisogno di protezione e di sostegno alla salute mentale.” Nell’ultimo periodo, si è arrivati alla “sconcertante cifra di oltre 160 bambini uccisi a Gaza in poco più di un mese.Si tratta di una media di quattro bambini al giorno dall’inizio di novembre.”
Inoltre “La carestia continua a incombere nel nord del Paese e l’accesso umanitario rimane gravemente limitato”. L’unicef chiede “con urgenza a tutte le parti in conflitto di intraprendere un’azione decisiva per porre fine alle sofferenze dei bambini, di rilasciare tutti gli ostaggi, di garantire il rispetto dei diritti dei bambini e di aderire agli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario”.