venerdì, 18 Ottobre, 2024
Attualità

Albanesi esuli in Calabria sin dal XIV secolo

Nella cronologia storiografica ottocentesca si contano ben cinque fasi di diaspore del popolo albanese per sottrarsi a invasioni. Nella realtà, infatti, la migrazione albanese in Italia è plurisecolare, esattamente da quando, nel 1385, i turchi conquistano l’Albania e molti abitanti sono costretti ad abbandonare non solo l’Albania ma anche la storica regione albanese dell’Epiro, la Morea e altri territori albanesi dei Balcani.

La prima migrazione sembra sia proprio verso la Calabria, tra il 1399 e il 1409, durante le lotte tra gli Angioini per il controllo del Regno di Napoli e gli Aragonesi per il governo della Sicilia.

Le altre migrazioni avvengono tutte tra il 1416 e la fine del secolo, tranne la quinta, la più massiccia, che avviene tra il 1533 e il 1534, quando molti albanesi abbandonano le loro città conquistate dai turchi-ottomani e si trasferiscono in molte zone del meridione tra cui in Calabria ed esattamente a San Benedetto Ullano in provincia di Cosenza. Essa è attualmente una cittadina di 1.300 abitanti a 460 m.s.L.m., considerata a lungo la principale comunità albanese in Calabria. Ad affermare ciò, dal 1732, è la sede di uno dei due Seminari “nazionali”, il “Collegio Italo-Albanese Corsini” per la formazione dei propri sacerdoti di rito greco-cattolico; dal 1794 viene trasferito a San Demetrio Corone (CS) nel “Collegio Italo-Albanese Sant’Adriano” altro forte insediamento albanese. Il secondo seminario nasce a Palermo nel 1734, poi trasferito nel “Seminario Eparchiale Italo-Albanese” nella non lontana Piana degli Albanesi.

In tali seminari è formata una importante classe intellettuale ecclesiastica e sociale per gli albanesi d’Italia, mantenendo e coltivando così la fede e la lingua dei padri ed esportando ricerca e letteratura nella stessa Albania, nonché nei Balcani e in Europa.

Nelle due frazioni Marri e Piano dei Rossi del suddetto comune di San Benedetto Ullano, entrambe a circa 450 s.l.m., è ancora parlata la lingua albanese e l’impulso demografico all’antico borgo è dato proprio dai profughi albanesi.

Sin dalla loro migrazione gli albanesi d’Italia, infatti, continuano a preservare gelosamente la propria identità etnica, linguistica e religiosa, con un legame diretto e duraturo con la madrepatria Albania.

Nella provincia di Cosenza sono numerosi i comuni con presenze di nutrite comunità di albanesi fra i quali è da annoverare Spezzano Albanese, con circa 7 mila abitanti, considerata proprio la più grande fra le colonie albanesi d’Italia. Nasce nel 1470 coi primi gruppi di immigrati albanesi, accolti dai padri Riformatori di San Lorenzo del Vallo successivamente trasferitisi a Spezzano Albanese.

A Spezzano la lingua albanese è riconosciuta dalla legislazione italiana, a tutela delle minoranze linguistiche, dalla legge nazionale n. 482 del 1999. L’amministrazione comunale, tra l’altro, utilizza nei documenti ufficiali anche l’albanese.

Altro comune, San Demetrio Corone, insieme a Santa Sofia d’Epiro e a Castroregio è una delle cittadine culturali più importante della comunità albanese d’Italia; ne conserva, infatti, la lingua, il rito bizantino, i costumi, la cultura e l’identità etnica d’origine. Queste tre cittadine, sul finire del XV secolo, nascono proprio con esuli albanesi – seconda diaspora – costretti dall’esilio del dominio incombente turco-musulmano nei Balcani, seguiti dagli Arvaniti (gli albanesi della Grecia) e dai Greci della città di Corone in Morea che si arrendono ai turchi.

La frazione Macchia Albanese di San Demetrio Corone è famosa per aver dato i natali a Girolamo De Rada (1814/1903) – figlio di un sacerdote della Chiesa cattolica Italo-albanese – una delle più importanti figure del movimento culturale e letterario albanese del XIX secolo come principale iniziatore della letteratura albanese moderna ma, soprattutto, noto per essersi battuto per l’indipendenza dell’Albania. Vi sono tracce di sue pubblicazioni di poemi in lingua albanese e del giornale da lui fondato “L’Albanese d’Italia”, giornale politico bilingue, morale e letterario, nel quale manifesta una forte visione di un’Albania indipendente. Ne è passionalmente coinvolto da contattare anche i maggiori intellettuali dell’Arberia, tra i quali Demetrio Camarda (1821/1882) presbitero di rito bizantino-greco e linguista italiano della minoranza albanese d’Italia e l’albanese Thimi Mitko (Corazza, Albania 1820/1890), autore di numerosi articoli in Europa a supporto delle cause dell’Albania. Egli ha persino corrispondenze con il primo ministro italiano pro-tempore Francesco `Crispi.

Girolamo De Rada è – addirittura – definito “il papà calabrese della Grande Albania”, “il padre di due patrie: l’Albania, che nell’ottocento lotta per l’indipendenza dall’Impero Ottomano, e l’Arberia, la comunità degli immigrati albanesi, stanziatasi nel sud Italia a partire dalla metà del Quattrocento.

De Nava non è mai stato in Albania, vivendo sempre a Macchia di San Demetrio Corone e a Napoli, ove si laurea in legge. A Niccolò Tommaseo, che lo invita a visitare la madrepatria, risponde : “li non conosco nessuno”.

Altre comunità sono a Santa Maria d’Epiro, cittadina della Sila greca di oltre 2 abitanti a 500 m.s.l.m., con la sua fisionomia architettonica medievale d’origine, con una forte impronta balcanica. È sede di un importante museo del costume albanese e un’accademia dell’arte e della musica, con gruppi musicali che suonano e cantano in albanese.

Pure San Giorgio Albanese è stato fondato nel 1470 da profughi albanesi, sotto la giurisdizione religiosa dell’Aparchia di Lungro, preservandone anche il patrimonio etnico, linguistico, culturale e spirituale orientale, come anche il comune di Vaccarizzo Albanese, di mille abitanti, fondato anch’esso nel 1470, dopo la morte dell’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Scanderbeg (1468) e l’avanzata turca-ottomana nella penisola balcanica.

Mentre vi è il comune di San Cosmo Albanese costituito da una piccola comunità arbereshe di 590 abitanti, inizialmente profughi nella Sibaritide e che nel 1470 danno poi origine alla comunità albanese di San Demetrio, Macchia dell’Orto e S. Cosmo.

Altre storiche comunità albanesi d’Italia della provincia di Cosenza, esistono a: Civita, Frascineto, Lungro, Acquaformosa, Falconara Albanese, San Paolo Albanese, Cerzeto e Firmo.

Anche la provincia di Catanzaro ha numerosi comuni con presenze di esuli albanesi. Nella cittadina di Amato sembra siano arrivati dopo il 1479, quando la maggior parte dell’Albania era nelle mani degli Ottomani. Con loro vengono fondate nuove colonie o reinsediate località spopolate. Per quasi due secoli ad Amato gli albanesi parlano solamente la lingua dei loro padri.

Seguono altre comunità albanesi in Andali, a Caraffa di Catanzaro, borgo di lingua e cultura arbereshe fondato intorno al XV secolo da profughi albanesi sempre a seguito dell’invasione ottomana dei Balcani. Zangarona, è una delle più antiche comunità italo-albanese della provincia di Catanzaro insieme a Vena di Maidas, Caraffa e Andali.

In effetti con la morte di Giorgio Castriota Scanderberg (1405/1468), condottiero, patriota, principe e eroe nazionale albanese, noto per aver guidato i suoi connazionali alla ribellione contro l’occupazione dell’Albania da parte dei turco-ottamani, si ha una quasi definitiva sottomissione dell’Albania all’Impero ottomano, con la conseguente fuga generale degli albanesi verso l’Italia i quali, dopo aver vagato per varie località, si fermano in Calabria ove ripopolano o fondano diversi insediamenti.

Altri insediamenti sorgono a Pallagorio, ora provincia di Crotone, che conserva la lingua gli usi e le tradizioni proprie, abbandonando il rito greco-bizantino, a San Nicola dell’Alto, nel 1480 con un centinaio di albanesi venuti dall’Epiro ivi autorizzati dal vescovo di Umbriatico, a Carfizzi, anch’essa ripopolato nel XV secolo con gente albanese.

Coi drammatici sbarchi sin dal 9 febbraio 1991 a seguito della caduta del comunismo, i profughi affluiscono in gran numero nei comuni albanesi d’Italia, accolti e aiutati come fratelli; ed in quel periodo si raggiunge in Italia la più elevata percentuale di presenze di albanesi che poi muta a seguito dell’ingresso in Europa della Romania.

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