mercoledì, 4 Dicembre, 2024
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Curiosando sulla figura del musicista, compositore e politico italiano Giuseppe Verdi (1813/1901)

Giuseppe Verdi nasce il 10 ottobre del 1813, esattamente 211 anni or sono, nell’attuale casa museo in via della Processione 1, della frazione Roncole di Busseto in provincia di Parma.

La vita di Giuseppe Verdi, durante i suoi 88 anni, non è solamente quella che lo ha reso famoso in Italia e nel mondo, collegata alle sue opere liriche quali il Va, pensiero del Nabucco (1842), ovvero la “Trilogia popolare”: Il Rigoletto (1851), Il Trovatore e la Traviata (entrambe 1853), oppure l’Aida (1871); e neanche per le sue due ultime opere, Otello o Falstaff, questa dal nome di Sir John Falstaff, il cavaliere dalla faccia tosta che ama bere e mangiare: “Tutto nel mondo è burla. L’uom è nato burlone”.

Intorno a Giuseppe Verdi, infatti, vi sono tantissimi eventi simpatici e piacevoli sin dalla sua nascita e attorno alla sua adolescenza; nella gioventù, purtroppo, è costretto a sopportare eventi tristi che mettono a dura prova la sua persona e lo stesso impegno professionale.

Nel 1833 viene a mancare la sorella 17enne Giuseppa Francesca al cui dolore si aggiunge quello della perdita dei suoi due figli in tenerissima età, ad appena un anno e mezzo dalle rispettive nascite avvenute negli anni 1837 e 1838. A completare il triste quadro è proprio la moglie che muore di encefalite nel 1840, all’età di 26 anni, quasi ad annientare come un colpo di spugna i tantissimi e simpatici eventi ed episodi che li precedono.

Roncole Verdi, casa natale di Giuseppe Verdi

Nel registro dei battesimi della chiesa San Michele Arcangelo di Roncole è annotato col nome Giuseppe Francesco Fortunino, mentre nel registro comunale di Busseto le autorità locali lo annotano in francese, cioè Joseph Fortunin Francois, perché dal 1808 Busseto e altri territori sono annessi all’Impero francese creato da Napoleone, Giuseppe Verdi vanta una particolare fierezza sulla località di nascita e la esterna spesso, affermando pubblicamente: “Sono stato, sono e sarò sempre un paesano della Roncole Verdi”.

Egli è un ragazzo prodigio; già a 4 anni studia latino e italiano ed a 6 vi associa lo studio della musica, prendendo le prime lezioni dal maestro Pietro Baistrocchi, organista della chiesa del paese. Il primo strumento col quale si esercita è una spinetta, simile alla tastiera di un pianoforte. Lui la usa così intensamente da doverla presto far riparare ricorrendo al cembalaro Stefano Cavalletti il quale lascia un appunto in cui afferma che, “…dopo aver udito Giuseppe suonare, rifiuto di essere pagato per l’intervento di manutenzione”.

Ad otto anni Verdi diventa già organista a pagamento soprattutto per necessità familiari (il papà Carlo Verdi è gestore di un’osteria e la mamma Luigia Uttini, operaia), e nonostante le difficoltà economiche, i genitori lo iscrivono al “ginnasio” di Busseto, una scuola superiore per ragazzi dove riceve istruzioni in italiano, latino, scienze umane e retorica; in prosieguo, il maestro Ferdinando Provesi (1770/1833), compositore e organista di Busseto, gli insegna i principi della composizione musicale e della pratica strumentale.

Al già 16enne Giuseppe Verdi il maestro Provesi dichiara di non avere più nulla da insegnargli e un certo Antonio Barezzi, amante della musica, direttore della società filarmonica di Busseto, avendone scoperto il suo talento, si offre a sostenerlo nel proseguire gli studi.

La presenza di Barezzi diventa una figura quasi paterna, specie quando decide di ospitarlo a casa, dove Verdi inizia a dare lezioni di canto e di pianoforte alla figlia Margherita, con la quale intrattiene anche una relazione sentimentale, coronata col matrimonio il 4 maggio 1836, (il giorno del 22esimo compleanno di lei) nell’Oratorio della Santissima Trinità di Busseto, a poca distanza dalla sua abitazione e con la presenza dell’Orchestra Filarmonica locale diretta dal Signor Barezzi.

Giuseppe Verdi ha già alle spalle esperienze positive con alcune soddisfazioni come quando a 13 anni sostituisce un musicista in un evento pubblico nella città natale, riscuotendo un grande successo e, successivamente, come membro nella filarmonica di Busseto. In seguito ottiene anche la carica di organista presso la parrocchia, il primo incarico stabile del giovane maestro.

La sua ambizione è, però, quella del Concorso al conservatorio di Milano nel 1832, per avere opportunità e risorse incomparabilmente superiori rispetto alla piccola Busseto. Viene ammesso ma non supera l’esame preliminare perché il Sig.r Angeleri, Maestro di pianoforte, trova Verdi “bisognoso di cambiare posizione della mano e che attesa l’età di 18 anni si renderebbe difficile”. Si trova perfettamente d’accordo col Maestro di contrappunto, e Vice-Censore Piantanida, nel giudizio secondo cui:“… applicandosi esso con attenzione e pazienza alla cognizione delle regole del contrappunto, potrà dirigere la propria fantasia che mostra di avere, e quindi riuscire plausibilmente nella composizione”.

La giovane coppia si trasferisce a Milano in una modesta abitazione a Porta Ticinese ove, nel 1837 nasce Virginia Maria Luigia e nel 1838, Icilio Romano; purtroppo entrambi muoiono dopo circa un anno e mezzo di vita. Ciò nonostante a Milano la coppia affronta ogni sforzo perché Verdi possa farsi strada nel mondo della musica.

La moglie Margherita Barezzi il 17 novembre del 1839 trova la forza di presenziare al debutto della prima opera del marito Giuseppe Verdi rappresentata al Teatro alla Scala, l’Oberto, Conte di San Bonifacio (il figlio era venuto a mancare appena il 22 di ottobre). Anche lei, purtroppo, il 18 giugno 1840, a soli 26 anni, viene mancare a causa di una encefalite, proprio mentre il marito sta componendo la sua seconda opera lirica, Un giorno di regno.

Verdi è invaso da una cupa disperazione e intende abbandonare tutto, ma solamente l’intensa affettuosa vicinanza del Barezzi, insieme a quella dell’Impresario della Scala Bartolomeo Merelli , lo aiutano a riavvicinarsi alla musica. Da quel momento diventa un vulcano in eruzione, dando così vita alle prestigiose opere liriche divenute immortali, insieme a tutto il ricco patrimonio culturale ed anche immobiliare, tra cui spicca la celebre dimora del compositore, la Villa Verdi a Villanova d’Arda, oggetto di recente attenzione da parte del Ministero della Cultura.

Verdi rimane molto obbligato a Barezzi a tal punto che lo vuole con se’ alle prime di Macbeth (Firenze il 12 marzo 1847), dedicandogli proprio lo spartito e di Luisa Miller (Napoli 8 dicembre 1849). Antonio Barezzi muore nella sua casa a Busseto nel 1867, casa che dal 2001 è sede di un museo di cimeli verdiani. La figlia Margherita, sepolta nel cimitero milanese del Fopponino di Porta Vercellina, oggi non è più esistente: della sepoltura rimane una lapide a ricordo, apposta nel 1990 dalla Fondazione Giuseppe Verdi.

Giuseppe Verdi, dopo la morte della moglie, condivide con Maria Clelia Giuseppa Strepponi, (1815/1897) detta Giuseppina, soprano, rapporti professionali già alla prima della rappresentazione dell’Oberto, nella quale interpreta il ruolo di Leonora, a cui assiste, per la prima e anche ultima volta, la moglie Margherita Barezzi.

Successivamente la Strepponi inizia a frequentare assiduamente il vedovo compositore Giuseppe Verdi, interpretando anche tante altre delle sue opere più famose, tra cui pure la prima del Nabucco alla Scala nel 1842. La loro relazione sentimentale diventa sempre più stabile, destinata a durare mezzo secolo, inizialmente a Busseto, nel Palazzo Dordoni-Cavalli e poi, una volta sposati legalmente nel 1859, nella Tenuta di Sant’Agata in provincia di Piacenza che i genitori, dietro la garanzia di un sostanzioso vitalizio, lasciano alla completa disponibilità della coppia Verdi-Strepponi, trasferendosi nel non lontano comune di Vidalenzo, dove la mamma Luigia Uttini, figura confinata al ruolo domestico e quasi sconosciuta, muore il 28 giugno dello stesso anno.

In sostanza, con l’affermarsi della notorietà Giuseppe Verdi arriva col padre proprio a una rottura, anche perché il padre Carlo pretende di amministrare il cospicuo capitale del figlio.

Dall’Unione di Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi non nascono figli, ma i due si prendono cura, dal 1868, adottandola, della cugina del compositore Filomena Verdi che diventa, poi, erede universale.

Intanto la coppia Verdi-Strepponi condivide numerosissime attività liriche in giro per il mondo durante i 50 anni di vita coniugale. Giuseppina Strepponi muore il 14 novembre 1897 e Verdi rimane per la seconda volta vedovo e straziato dal dolore per aver perso una delle figure più importanti della sua vita. Per tale motivo, nel testamento, Verdi dispone di essere sepolto accanto a Giuseppina, inizialmente nel Cimitero Monumentale di Milano.

Il percorso di vita di Giuseppe Verdi è anche ricco di esperienze politiche, attivamente nella politica italiana sin dal 1859, anche se nelle sue opere vi sono già dal 1849 sentimenti di patriottismo, a seguito di specifica sensibilizzazione da parte del nazionalista Giuseppe Mazzini.

Verdi, infatti, simpatizza col movimento risorgimentale che persegue L’Unità d’Italia, partecipando anche alla vita di parlamentare: deputato del Regno d’Italia dal 1861 al 1865 e Senatore del Regno d’Italia dal 1875 fino alla sua morte avvenuta il 27 gennaio del 1901.

La sua posizione unica tra i connazionali rappresenta un simbolo artistico profondo dell’unità del Paese attraverso le sue opere, conquistandosi, un mese dopo la morte, esattamente il 26 febbraio, una solenne processione che accompagna le sue spoglie e quelle della moglie Strepponi con le note del “Va, pensiero”, alla presenza di Arturo Toscanini che dirige un coro di 900 cantanti.

I due corpi sono, quindi, sepolti nella Casa di Riposo per Musicisti – Fondazione Giuseppe Verdi – in Piazza Michelangelo Buonarroti.

È ricordato anche con la sua effigie nelle banconote di mille lire, nonché nella moneta da collezione di 2 euro.

Nelle note della straordinaria opera, il Falstaff, rappresentata alla Scala di Milano il 9 febbraio 1893 e considerata testamento spirituale del compositore, vi sarebbe, addirittura, la “firma” – finora insospettata – della sua appartenenza alla massoneria.

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