mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Società

Inps. Fava: “A rischio il sistema pensionistico”

Presentato ieri a Roma il XXIII Rapporto annuale

“Si rischiano degli squilibri del sistema”. È questo l’allarme lanciato ieri dall’Inps durante la presentazione del XXIII Rapporto annuale dell’Istituto. A parlare dalla sala Mancini della Direzione Generale, in via Ciro il Grande a Roma, è stato il Presidente Gabriele Fava. Tra gli ospiti d’eccezione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Secondo Fava, nel Rapporto annuale dell’Inps emerge una situazione critica per il sistema pensionistico italiano, dovuta principalmente all’età media di accesso alla pensione, che si attesta a 64,2 anni. Questa età è inferiore rispetto all’età legale per la pensione di vecchiaia e, unita alla generosità delle pensioni rispetto all’ultima retribuzione, potrebbe portare a squilibri nel lungo periodo.

La situazione demografica

Le proiezioni demografiche di Eurostat per l’Unione Europea indicano infatti un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, un fenomeno che potrebbe mettere sotto pressione i sistemi pensionistici, soprattutto nei Paesi come l’Italia, caratterizzati da una spesa pensionistica particolarmente elevata. Nel 2023, i lavoratori iscritti all’Inps con almeno una settimana di contributi sono stati 26,6 milioni, con un incremento di oltre un milione rispetto al 2019.

Secondo il Presidente “sebbene in Italia l’età ufficiale per accedere alla pensione di vecchiaia sia fissata a 67 anni, uno dei livelli più alti nell’Unione Europea, l’età effettiva in cui i lavoratori si ritirano dal mercato del lavoro è significativamente più bassa, attestandosi a 64,2 anni. Questo è dovuto alla presenza di molteplici opzioni che permettono di andare in pensione anticipatamente”.

Numeri e disuguaglianze

Al 31 dicembre 2023, in Italia si contano circa 16,2 milioni di pensionati, con una leggera predominanza femminile: 8,4 milioni di donne rispetto a 7,8 milioni di uomini. Tuttavia, nonostante rappresentino il 52% del totale, le donne ricevono solo il 44% dei redditi pensionistici, corrispondenti a 153 miliardi di euro, contro i 194 miliardi percepiti dagli uomini. Questo divario si riflette anche sugli importi medi mensili: gli uomini ricevono pensioni superiori di circa il 35% rispetto alle donne.

Il quadro pensionistico

Le pensioni anticipate, legate generalmente a carriere lavorative più lunghe, risultano le più elevate, con un importo medio di 2.034 euro mensili. Le pensioni di vecchiaia, invece, si attestano su un valore medio di 964 euro, quelle di invalidità su 1.090 euro e le pensioni ai superstiti su 810 euro. Le prestazioni assistenziali, che comprendono principalmente l’invalidità civile, si fermano a 488 euro mensili. Nel 2023, il numero di nuove pensioni erogate dall’Inps è rimasto stabile, con circa 1,5 milioni di nuove prestazioni, di cui il 56% previdenziali e il 44% assistenziali.

Occupazione e retribuzioni

Nel corso del 2023, poi, il numero di lavoratori dipendenti in Italia ha continuato a crescere, passando da 15,14 milioni nel 2016 a 17,52 milioni a dicembre 2023, raggiungendo un picco di 18,02 milioni a giugno dello stesso anno. La retribuzione media annua per i lavoratori a tempo pieno è stata di 39.176 euro, con un incremento del 6,6% rispetto al 2019. I lavoratori part-time hanno guadagnato mediamente 17.966 euro, segnando un aumento del 6,8%. Gli impiegati che hanno lavorato solo una parte dell’anno hanno visto aumenti ancora più significativi, con incrementi fino al 10,4% per i lavoratori a tempo pieno e al 9,9% per i part-time.

Disparità geografiche e di genere

Il Rapporto annuale evidenzia, inoltre, come gli importi pensionistici siano distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale. Le pensioni più elevate si riscontrano nel Nord Italia e nel Lazio, mentre le più basse sono in Calabria e nelle altre regioni del Sud. Inoltre, i divari di genere sono più pronunciati nelle regioni con i redditi pensionistici medi più alti, come Veneto e Lombardia, dove le donne ricevono in media il 30% in meno rispetto agli uomini. Al contrario, nelle regioni del Mezzogiorno come Calabria e Sardegna, le differenze sono meno marcate.

Iscritti e incentivi

Nel 2023, gli iscritti all’Inps, che comprendono lavoratori dipendenti e autonomi, hanno raggiunto i 26,6 milioni, con un incremento di oltre 300 mila unità rispetto al 2022 e di oltre un milione rispetto al 2019. Particolarmente rilevante è l’aumento degli iscritti sotto i 35 anni, che sono passati da 6,4 milioni nel 2019 a quasi 7 milioni nel 2023. Gli incentivi rivolti ai giovani, come l’Esonero Giovani e l’Apprendistato, hanno registrato una crescita del 28%, coinvolgendo circa 378 mila giovani lavoratori, con un investimento totale di 1,6 miliardi di euro.

Un futuro incerto

Stando ai dati del Rapporto, si segnala, per il 2024, un aumento del 7,1% nell’importo medio mensile delle pensioni rispetto all’anno precedente, dovuto in parte agli adeguamenti per la perequazione. Nonostante il quadro generale appaia stabile, permangono importanti squilibri, sia a livello territoriale che di genere. Le prestazioni assistenziali, soprattutto nelle regioni meridionali, continuano a crescere, mentre le nuove pensioni previdenziali sono in diminuzione, complice l’inasprimento dei requisiti per l’accesso anticipato. Nei prossimi anni, dunque, sarà fondamentale trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e maggiore equità nella distribuzione delle pensioni, tenendo conto delle trasformazioni demografiche e delle esigenze di inclusione sociale.

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