Ci ricorda Ferruccio Resta che “la società rischia di dividersi tra chi conosce e chi non ha gli strumenti della conoscenza”. La terza missione del sapere che entra nella fase dell’ecologia umana e che proietta la quarta missione della conoscenza verso luoghi di speranza, specie alla luce di momenti di incertezza come quelli che stiamo attraversando, si eleva nell’individuazione della “persona nuova”. Come ho già più volte sostenuto, ripartire dalla conoscenza è la metodologia migliore per costruire la società della conoscenza dinanzi all’avvento delle tecnologie emergenti. C’è una nuova crisi centrata sulla persona che necessità di sistemi nuovi, sociali, di prossimità. Riscoprire nella costruzione della società della conoscenza il pensiero di Jacques Maritain significa abbracciare la teoria dell’attività, della motivazione e della partecipazione per contrastare la teoria sociale del disimpegno. “Per poter parlare di autentico sviluppo, occorrerà verificare che si produca un miglioramento integrale nella qualità della vita umana, e questo implica analizzare lo spazio in cui si svolge l’esistenza delle persone” (Papa Francesco). La società della conoscenza attraverso le proprie istituzioni educative e di carattere scientifico non può non guardare con attenzione al superamento delle crisi protratte dalla disuguaglianze sociali. E’ in gioco la dignità umana di noi stessi. La terza missione della conoscenza che diventa “quarta missione” significa rimodellare il sistema della co-produzione della conoscenza in “civic university” ad impatto sociale per meglio infondere di significato la “città della conoscenza” (edu-tech city). E se la longevità diventa un fenomeno dirompente con cui interfacciarsi nell’ambito della psicologia dell’arco della vita (life-span psycology) è il tempo di coprogettare, coprogrammare, coinnovare comunità ed insediamenti urbani come “città pronte alla longevità” (longevity ready city). Per creare un meta-welfare pluridimensionale di prossimità le alleanze per il sapere diventano centrali. Alleanze non solo “generative” tra istituzioni, università, enti di ricerca, parti sociali, terzo settore e società civile ma, le stesse alleanze progettate per un nuovo sociale avanzato, cioè essere “trasformatori sociali”, alleanze trasformatrici con uno sguardo alle nuove tecnologie emergenti con al centro le persone. Significa contribuire alla costruzione non di una nuova componente di pensiero ma di un’area che rifletta sull’umanesimo sociale insita nella società della conoscenza e nei luoghi del sapere nell’incontro con la “società organizzata delle persone” quale volano di forme sperimentali di generatività sociale.