mercoledì, 11 Dicembre, 2024
Attualità

Polsi, l’ecologia della pace

Scrivo quest’articolo con una certa trepidazione nell’antivigilia di “Polsi Ambiente 2024”, una manifestazione densa di significati e di aspettative. Una manifestazione (da venerdì 21 giugno a domenica 23 giugno) che “La Discussione” ha voluto celebrare in questa sua Quarta Edizione con un supplemento speciale, una pubblicazione di una quarantina di pagine che sarà scaricabile dal sito on-line del quotidiano e che, elegantemente stampata, sarà distribuita durante il convegno con finalità di beneficenza a favore dell’associazione di volontariato Comma Tre.

Una pubblicazione che mi lusinga, perché in essa sono raccolte – assieme ad alcune pagine del mirabile ed insuperato saggio di Salvatore Gemelli, “Storia Tradizioni e Leggende a Polsi d’Aspromonte” – i sedici articoli da me stesso scritti negli anni sull’evento. Alcuni dei quali pubblicati anche su La Riviera, che dalla prima manifestazione è il partner in loco: e che ringrazio di cuore.

Li scrivo anche in un momento di gioia, perché l’organizzazione dell’evento mi ha fatto trascorrere questi giorni in Calabria, nella Locride, soprattutto, con magnifiche ed avventurose incursioni nel cuore dell’Aspromonte. Non immaginate che strada sterrata mi ha fatto seguire – dopo avermi chiesto se soffrissi di vertigini – il presentissimo e sempre entusiasta Arturo Rocca, per tornare sulla riviera dopo la nostra visita alla cooperativa che gestisce l’ex Sanatorio dello Zervò! La “Strata i Praca” che, superata una foresta che sembra interminabile, si affaccia su uno strapiombo altissimo; da qui, con improbabili e ripidissime curve, costeggiando il burrone, porta rapidamente a Platì.

Tranquilli: non faremo percorrere questa strada agli arditi che vorranno partecipare al giro naturalistica dell’ultima giornata del convegno (quella di domenica 23 giugno) che ci porterà – dopo l’escursione alla cima del Montalto – alla base USAF abbandonata: che assumiamo a simbolo di pace, che invochiamo senza se e senza ma. Tema invocato già nell’edizione di due anni fa. perché la guerra in Ucraina c’era già allora anche se non mi sembra possibile che stia durando da tanto: con effetti sull’ambiente e sul clima globale che – lo ripeto – annullano qualsiasi sforzo. Un crimine in più, questo dell’inquinamento ambientale, conseguente ai conflitti, crimini di per sé.

La cultura della gente di Polsi e del territorio dove il Santuario è sito – potrà sembrare un paradosso in una terra in cui il fenomeno mafioso è oggettivamente diffuso – è profondamente pacifista. È un popolo che ha una sua cultura; e non è da tutti. Dove per cultura intendo non l’essere colti, ma avere una coscienza di sé stessi, della propria socialità e tradizioni, del senso della vita. Senza questa cultura non sarebbe mai nato Corrado Alvaro, in un villaggio nascosto nella montagna, senza contatti col mondo, dimenticato dai Borboni e visto come un covo di briganti dopo l’Unità di Italia, da uno Stato unitario che non aveva nessun progetto, tranne quello “coloniale”, circa la parte più meridionale della penisola.

Un raro viaggiatore che arrivò a San Luca fu Edward Lear, un inglese che trovò qui ospitalità e una guida per recarsi al Santuario di Polsi, dove arrivò il 7 agosto 1847. Questo il suo racconto:

«Quando siamo arrivati alla promessa altura, dove è installata una croce, era già completamente notte, e solo le luci che scintillavano in fondo lontano, nelle viscere della montagna, ci mostravano la nostra destinazione, il monastero di Santa Maria di Polsi.

Lenta e ardua era la discesa che ci portò davanti all’entrata di questo remoto eremo. C’è voluto un bel po’ di tempo prima che fossimo ammessi; e il superiore, un uomo molto affabile.

Una cena di uova sode, insalata e frutta venne servita nel refettorio del convento; la sensazione più notevole fu il silenzio che nella lunga sala era interrotto solo dal bisbigliare dei monaci che passavano.

Le nostre camere erano due celle con persiane alle finestre senza vetri, unica protezione contro il freddo e il vento, di certo poco piacevoli a questa grande altezza. Pauroso l’ululare del vento e il rumore del temporale durante la notte!» (Edward Lear, Diario di un viaggio a piedi, Feltrinelli).

La pace è la prima misura ecologica che l’uomo dovrà adottare.

Lo urleremo dal profondo Sud, dalla Locride, dall’Aspromonte, dal Santuario di Polsi. Con la cultura di un popolo che ha subìto secoli di abbandono, ma che non ha smesso di credere nella Pace. Lo testimoniano alcuni versi della poesia Mi risbigghji e viju luci (Mi risveglio e vedo luce) di Settilia Palma Mammoliti, poetessa analfabeta di San Luca, morta centenaria nel 2020:

La paci quantu é bella,
la paci a casa mia.
Ringranziandu a Diu
‘sta grazia volia.
Oh chi bella matinata
trasi luci a casa mia:
bella è a luci, bella è a paci
resta sempri a casa mia.
Fammi un po di cumpagnia
ch’ eu ti amu tantu a tia:
luci, quantu si bella, paci, quantu si bella,
resta sempri accantu a mia

(La pace quant’è bella/la pace a casa mia/Ringraziando Dio/questa grazia volevo./Oh che bel mattino/entra luce a casa mia:/nella è la luce, bella la pace/resta sempre a casa mia./Fammi un po’ di compagnia/ch’io ti amo tanto:/luce, quanto sei bella, pace quanto sei bella/restami sempre accanto).

 

L’inserto

 

 

Il programma

 

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