Israele rilascia migliaia di detenuti palestinesi. Liberazione degli ostaggi civili israeliani. Cessate il fuoco per 40 giorni. Queste le condizioni che si sta valutando sui tavoli delle trattative al Cairo che anche Stati Uniti e Gran Bretagna ritengono “molto generose” per Hamas anche perché si fa sempre più plausibile il fatto che gli ostaggi ancora in vita siano 33 e non 133 quanti sono quelli ancora sequestrati. Lo ha rivelato il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, che si trova a Riyad al World Economic Forum. Hamas non ha ancora risposto, ma ha inviato una delegazione in Egitto per trattare. Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, che ha fatto la spola tra arabi e israeliani ha dichiarato che “devono decidere e devono farlo in fretta” perché “possiamo avere un cambiamento fondamentale della dinamica”. Gli Stati Uniti, tra l’altro, stanno tentando di evitare l’offensiva annunciata dal premier israeliano Netanyahu su Rafah. Anche il ministro Cameron ha detto: “spero che Hamas accetti questo accordo e, francamente, tutta la pressione del mondo e di tutti gli occhi del mondo dovrebbero essere puntati su di loro per dire ‘accetta questo accordo’”. Il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, si è detto “fiducioso“. Ottimista anche l’Arabia Saudita.
Netanyahu teme mandato dell’Aja
In attesa della decisione di Hamas l’esercito israeliano ha approvato i nuovi piani militari per l’operazione di terra a Rafah data per “imminente”. Su questo Blinken è stato chiaro e ha ribadito l’opposizione degli Stati Uniti all’offensiva: “non abbiamo ancora visto un piano che ci permetta di credere che i civili possano essere efficacemente protetti“. Domenica c’è stata anche una telefonata tra Biden e Netanyahu. Il Presidente americano ha rassicurato sull’“incrollabile sostegno alla sicurezza di Israele” ma anche “la sua chiara posizione” su Rafah. Netanyahu da parte sua avrebbe chiesto agli Stati Uniti un sostegno per evitare l’incriminazione da parte del Tribunale dell’Aja per i crimini nella Striscia di Gaza dopo l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, che comporterebbe un mandato di arresto internazionale.
Israele allerta le ambasciate
Il governo israeliano è talmente preoccupato degli effetti che potrebbe avere il mandato di cattura che ha dato istruzioni a tutte le ambasciate israeliane nel mondo “di prepararsi immediatamente per un’ondata di grave antisemitismo, focolai antiebraici e anti-israeliani”. Lo ha fatto sapere il ministero degli Esteri giustificando la disposizione “date le voci sulla possibilità che la Corte penale internazionale emetta mandati di arresto contro alti funzionari israeliani politici e militari”. Katz si è tuttavia augurato che la Cpi non emetta i “mandati di arresto”. “Non c’è niente di più distorto – ha aggiunto – che tentare di impedire a Israele di difendersi da un nemico omicida che chiede apertamente la distruzione del nostro Stato”. “Se i mandati verranno emessi – ha denunciato – questi danneggeranno i comandanti e i soldati dell’Idf e daranno una spinta all’organizzazione terroristica Hamas e all’asse dell’Islam radicale guidato dall’Iran contro il quale stiamo combattendo”.
Borrell: riconoscimento della Palestina
Diversi Stati membri europei riconosceranno entro maggio lo Stato palestinese: lo ha detto il capo della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, a margine di una riunione speciale del Forum economico mondiale a Riad, come riporta il Guardian. Irlanda e Spagna all’inizio di questo mese hanno ribadito la loro intenzione di stringere un’alleanza di Paesi che presto riconosceranno la Palestina come Stato nazionale. 140 dei 193 Stati membri dell’Onu hanno già riconosciuto lo Stato di Palestina.