Il fronte di coloro che si autodefiniscono “pacifisti” – come se gli altri fossero tutti “bellicisti e guerrafondai”- non ha prodotto nessuna idea precisa, nessuna concreta ipotesi di pace che metta fine all’aggressione russa in Ucraina. Solo proclami generici e un’unica richiesta pressante: stop armi a Kyiv.
La vaghezza declamatoria dei “pacifisti” si scontra con due dure constatazioni inconfutabili. La prima: non ci sono due Paesi che si sono dichiarati guerra, ma c’è un Paese che ha aggredito un altro. La seconda: a Putin l’appetito imperialista vien mangiando, più gli vengono concessi territori più si convince che con i suoi metodi può prendersene altri.
Di questi due dati di fatto i “pacifisti” non sembrano voler tenere conto. Rimangono così prigionieri di una pericolosa contraddizione di cui non si rendono conto: un invito alla pace correlato allo stop agli aiuti militari all’Ucraina significa una pace senza condizioni, cioè una resa di Kyiv alle pretese di Mosca.
Quali sono i presupposti per un accordo di pace durevole? Innanzitutto che non sia umiliante per nessuna delle due parti e poi che chi ha la responsabilità di aver scatenato illegalmente la guerra si faccia carico dei danni provocati e rinunci a perseverare nei suoi progetti aggressivi.
Per un Paese aggredito la pace onorevole consiste nella cessazione dell’aggressione, nella restituzione dei territori che gli sono stati illegalmente sottratti. Finora Putin non ha dato alcun segnale in questa direzione, anzi ha confermato che vuol tenersi ciò che si è preso e che non intende rinunciare al suo piano di “riportare a casa” i territori che erano stati sotto il giogo di Mosca fino al 1991.
In pratica lo zar non deflette dal suo progetto imperialista e sogna di occupare, prima o poi intanto tutta l’Ucraina, poi il resto si vedrà. I “pacifisti” possono in tutta coscienza credere che un personaggio simile voglia una pace degna di questo nome? Possono senza entrare in conflitto con i valori morali cui si appellano pensare che l’Ucraina debba rinunciare ai suoi territori in favore dell’aggressore?
A una pace senza condizioni si devono opporre le condizioni per una pace equa. E la prima condizione è che chi ha aggredito si ritiri dai territori occupati illegalmente. Questa è una linea invalicabile. Si potrà discutere di uno status speciale della Crimea , annessa ormai da 10 anni. Si potrà discutere di una relativa autonomia del Donbass e di garanzie per le popolazioni russofone. Ma tutti gli altri territori che erano dell’Ucraina e devono tornare agli ucraini. I “pacifisti” hanno il coraggio di affermare questo? Se non se la sentono, smettano di fare prediche e di ergersi su cattedre morali vero noialtri. Nulla è peggio dell’etica pelosa, ipocrita, incoerente e codarda.