sabato, 22 Febbraio, 2025
Attualità

L’uso distorto della potestà punitiva

Dossier e dintorni

I fatti di questi giorni – che il Procuratore della Repubblica di Perugia ha voluto definire addirittura “mostruosi”, consistendo nella illegittima raccolta di 33.528 files (la cui utilizzazione è finora ignota) – mi spingono a nuovamente occuparmi degli accessi abusivi alle banche dati dove si raccolgono quelle segnalazioni di operazioni inesistenti (sos) che troppo spesso si sono rivelate come il punto di partenza di indagini poi rivelatesi come forme di un uso distorto della potestà punitiva, intesa come impiego improprio – quando non addirittura abuso – del potere di punire alcuna persona menzionata in dette segnalazioni.

Simile abuso può essere esercitato da autorità statali (come le autorità inquirenti, o le forze dell’ordine) oppure da altri organi o istituzioni depositarie di una qualunque forma di potestà disciplinare o repressiva che, al contrario, dovrebbe sempre presupporre il rispetto delle regole in base alle quali una tale potestà possa poi essere legittimamente esercitata.

Il fenomeno di cui parliamo può infatti manifestarsi in vari modi, tra cui:

  1. Punizioni sproporzionate: Imporre sanzioni eccessivamente severe rispetto alla gravità del reato commesso.
  2. Selettività nelle persecuzioni: perseguire penalmente solo certi individui o gruppi per motivi politici, razziali, etnici, religiosi o per altre non dichiarate motivazioni, ignorandone altri che commettano reati simili o addirittura più gravi.
  3. Abuso di leggi vaghe o di contenuto incerto: utilizzare leggi formulate in modo generico o troppo ampio al fine di perseguire individui o comportamenti che non dovrebbero – come tali – rientrare nel loro ambito di applicazione.
  4. Violazioni dei diritti umani fondamentali: utilizzare la potestà punitiva in maniera tale da violare tale specie di diritti, quali la tortura, il trattamento inumano o degradante e la negazione del diritto a un processo equo, secondo le previsioni dell’articolo 6 della CEDU.
  5. Sviamento: L’uso della potestà punitiva per fini personali o di gruppo, compreso il ricatto o l’ottenimento di vantaggi personali o patrimoniali.

Gli effetti di un uso distorto della potestà punitiva possono essere altamente negativi, non solo per le vittime immediate di un tale uso, ma anche per la tenuta dell’ordinamento giuridico nel suo insieme, minando la fiducia nelle istituzioni ed erodendo le basi stesse dello stato di diritto, contribuendo così alla costruzione di un clima di paura e e di ingiustizia.

Affrontare questi abusi dovrebbe richiedere un impegno costante di tutte le forze politiche per il rafforzamento dello Stato di diritto, la protezione dei diritti umani, l’indipendenza del sistema giudiziario e la trasparenza o l’accountability della polizia giudiziaria e delle altre istituzioni munite di potere punitivo; dovrebbe inoltre rivelarsi fondamentale la presenza di media liberi di denunciare e contrastare gli abusi medesimi, quando si verificano, ma i fatti di questi giorni servono – purtroppo – solo a rimarcare la differenza fra ”Law in the books” e “Law in action” .

Infatti, nel caso che ci occupa, non sembra che tutti i media stiano utilizzando la libertà loro garantita dalla Costituzione per finalizzarla alla ricostruzione di quanto effettivamente accaduto, preferendo troppo spesso rifugiarsi dietro il segreto professionale di quei giornalisti che – attraverso la frequentazione di coloro che avevano accesso alle banche-dati di cui è causa solo in ragione del proprio ufficio – hanno diffuso le notizie illecitamente acquisite.

Ci troviamo dunque di fronte al rischio di un uso distorto della potestà punitiva, che oscilla fra le fattispecie in precedenza individuate sotto il numero 2 (selettività nelle persecuzioni) e il numero 5 (sviamento) delle ipotesi patologiche prima indicate.

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