mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Politica

I rilievi di Mattarella e l’antica paura della concorrenza che frena la crescita

Nuovo intervento del Quirinale sulle norme per la competizione interna

Per la seconda volta in pochi mesi il Presidente Mattarella ha segnalato al Governo che alcune norme sulla concorrenza sono restrittive e in contrasto con le regole europee. A Febbraio si era occupato delle concessioni dei balneari ieri di quelle degli ambulanti. Ma la lista delle lacune italiane in tema di concorrenza è molto più lunga.
E la lacuna principale è di ordine culturale.
Consiste nel ritenere che alzando barriere protettive si facciano gli interessi nazionali.

L’esempio di De Gasperi e La Malfa

Non la pensavano così Alcide De Gasperi e il suo ministro del Commercio estero Ugo La Malfa quando, nel 1951, decisero la liberalizzazione degli scambi, nonostante la contrarietà degli imprenditori del Nord  e di mezzo governo. Fu una decisione coraggiosa e storica. Aprì l’Italia alla concorrenza internazionale e innescò il grande risveglio dell’economia e della società italiana noto come boom economico. In tanti hanno la memoria corta. Ma le cose andarono proprio così. L’Italia fu il primo tra i Paesi beneficiari del Piano Marshall ad adottare questa linea, che si dimostrò lungimirante. Allora si trattò di aprire alla concorrenza esterna.

Concorrenza esterna e protezionismo interno

Nell’Ottobre del 1990 venne istituita l’Autorità antitrust. Negli Usa esisteva dal 1914. L’Italia cominciò misurarsi con quello che Guido Carli definiva il “protezionismo interno”, una sorta di antistorica riedizione delle medievali corporazioni (che all’epoca avevano senso) peggiorata da un sistema anomalo quelle che lo stesso Carli chiamava le “arciconfraternite del potere”, un misto di potentati politico-economici teso a perpetrare il proprio dominio.

Nonostante l’Antitrust

Molti passi avanti sono stati fatti anche perché ai vertici dell’Antitrust si sono alternate personalità di assoluto prestigio, come Francesco Saja, Giuliano Amato, Giuseppe Tesauro, Antonio Catricalà, Giovanni Pitruzzella e ora Roberto Rustichelli. Hanno fatto i salti mortali, con una stitica dotazione di personale e in un contesto normativo non proprio favorevole. Nel frattempo, il mondo si è globalizzato spazzando via chi non ha saputo stare al gioco della concorrenza internazionale.

Il peso delle corporazioni

L’Italia, come sistema-Paese sconta ancora gravi ritardi in molti settori tra cui quello delle professioni e, soprattutto, quello dei servizi forniti sia dai privati che dalle amministrazioni pubbliche. Questo macigno ostacola la crescita economica che risulta ingessata, paralizzata da una ragnatela di privilegi in cui tante piccole e grandi categorie cercano di arroccarsi a scapito dell’efficienza complessiva del sistema. I difensori di questo sistema dicono che si rischia di svendere ad altri patrimoni italiani. Basterebbe ricordare il caso della Fiat: è stata un colosso fino a quando ha operato in condizioni di concorrenza in Italia. Quando è diventata monopolista del settore auto proteggendosi dalla concorrenza interna si è indebolita nella competizione internazionale, è iniziato il suo declino e si è visto che è finita.

Dare certezze alle categorie ed efficienza al sistema

Se si vuole garantire un futuro a balneari, ambulanti, tassisti etc.. non bisogna illuderli che potranno continuare così a colpi di proroghe, di blocchi di nuove concessioni. E con un quadro di norme che non regge alle regole europee. È un inganno che costa caro alla collettività e che lascia queste categorie nell’incertezza. Bisogna invece aiutarle a modernizzarsi a strutturarsi in maniera meno tradizionale e più imprenditoriale per prepararsi a saper competere con soggetti più forti. Solo così si fa davvero il loro interesse. Prima o poi il vento della concorrenza estera sotto varie spoglie arriverà, le illusioni finiranno e sarà un disastro. Meglio attrezzarsi per tempo. Questo il messaggio che la politica dovrebbe far pervenire. Non slogan tanto al chilo.

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