giovedì, 19 Dicembre, 2024
Società

Il Centro Studi Livatino e la rivolta nelle carceri

“Il peggio che può accadere è sminuire la portata dell’accaduto, ridurlo a un incidente di percorso, saltare a piè pari le cause che lo hanno provocato”. Lo evidenzia, in una nota, il Centro studi Livatino, dopo le rivolte scoppiate in diverse carceri italiane.

Il Centro Studi Rosario Livatino, costituitosi nel 2015, a 25 anni dal sacrificio del giudice siciliano, è un gruppo di giuristi – magistrati, avvocati, docenti universitari, notai – che traendo esempio dal magistrato agrigentino ucciso per mano mafiosa nel 1990, del quale è in corso il processo di beatificazione – studia temi riguardanti in prevalenza il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa in un’ottica di coerenza col diritto naturale. Il direttivo della organizzazione è composto dal presidente, Mauro Ronco (Professore emerito di diritto penale) e dai vicepresidenti Domenico Airoma (Procuratore della Repubblica aggiunto al Tribunale di Napoli Nord), Alfredo Mantovano (Giudice della Corte di Cassazione) e Filippo Vari (Ordinario di diritto costituzionale, Università Europea di Roma).

“Considerato che oggi va anzitutto ripristinato l’ordine nelle carceri, affinché non si diffonda l’idea che la violenza paga, è tuttavia indispensabile che il governo ponga termine in tempi brevi al gravissimo fenomeno dell’affollamento carcerario – prosegue la nota -. In una prospettiva di tempo ragionevole dovranno essere costruiti nuovi stabilimenti di esecuzione della pena. Il numero fisiologico di detenuti in Italia è almeno di 65.000 unità”.

Per il Centro Livatino, “il mancato adeguamento delle strutture a far data dalla sentenza di condanna della Corte di Strasburgo costituisce una grave responsabilità per i Governi che si sono susseguiti da allora. Ciò non toglie che nelle settimane a venire – anche in previsione di un protrarsi dell’emergenza Covid19 – sarebbe fortemente consigliabile la promulgazione di un condono nella misura ridotta di un anno in relazione a tutti i reati con esclusione di quelli previsti dall’art. 4 bis, co. 1 dell’ordinamento penitenziario”. E conclude: “L’emergenza si affronta con provvedimenti immediati: quelli che fino a oggi il governo non ha neanche annunciato”.

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