sabato, 23 Novembre, 2024
Società

Striscia di Gaza a rischio di carestia. L’Ipc: “L’intera popolazione altamente insicura dal punto di vista alimentare”

“Si stima che tra il 24 novembre e il 7 dicembre 2023 oltre il 90% della popolazione della Striscia di Gaza (circa 2,08 milioni di persone) abbia dovuto affrontare livelli elevati di insicurezza alimentare acuta”. Lo dichiara, nel suo ultimo rapporto, la IPC – Integrated Food Security Phase Classification (Classificazione integrata delle fasi di sicurezza alimentare), sostenuta da una partnership globale di 15 organizzazioni tra cui l’ONU. “Il rischio di carestia e aumenta ogni giorno – si legge nel rapporto – e l’attuale situazione di intense ostilità e accesso umanitario limitato persiste o peggiora”.

L’IPC

La classificazione integrata delle fasi di sicurezza alimentare (IPC) è un’iniziativa innovativa multi-partner per migliorare la sicurezza alimentare e l’analisi e il processo decisionale nutrizionale. Più nel dettaglio, utilizzando la classificazione IPC e l’approccio analitico, i governi, le agenzie delle Nazioni Unite, le Ong, la società civile e altri attori rilevanti, lavorano insieme per determinare la gravità e l’entità dell’insicurezza alimentare acuta e cronica e delle situazioni di malnutrizione acuta in un paese, secondo i dati internazionali standard, scientifici riconosciuti.

Rischio di carestia

“Le ostilità, compresi i bombardamenti, le operazioni di terra e l’assedio dell’intera popolazione – spiega l’IPC – hanno causato livelli catastrofici di insicurezza alimentare in tutta la Striscia di Gaza”. Circa l’85% della popolazione, 1,9 milioni di persone, è sfollata e attualmente concentrata in un’area geografica sempre più piccola. “Esiste il rischio di carestia” sottolinea l’IPC -L’intensificazione delle ostilità, l’ulteriore riduzione dell’accesso al cibo, ai servizi di base e all’assistenza salvavita e l’estrema concentrazione o isolamento delle persone in rifugi inadeguati o in aree prive di servizi di base sono i principali fattori che contribuiscono ad aumentare questo rischio”.

Fasi della classificazione

L’IPC stima che tra il 24 novembre e il 7 dicembre circa 2,08 milioni di persone della Striscia di Gaza hanno dovuto affrontare livelli elevati di insicurezza alimentare acuta, classificati nella Fase 3 dell’IPC o superiore (Crisi o peggio). Tra questi, oltre il 40% della popolazione (939.000 persone) era in emergenza (IPC Fase 4) e oltre il 15% (378.000 persone) era in catastrofe (IPC Fase 5). Inoltre, l’IPC prevede tra l’8 dicembre 2023 e il 7 febbraio 2024, l’intera popolazione della Striscia di Gaza (circa 2,2 milioni di persone) è classificata nella Fase 3 dell’IPC o superiore (Crisi o peggio). “Si tratta della percentuale più alta di persone che affrontano livelli elevati di insicurezza alimentare acuta che l’iniziativa IPC abbia mai classificato per una determinata area o paese” si legge nel report. Tra queste “circa il 50% della popolazione (1,17 milioni di persone) è in emergenza (IPC Fase 4) e almeno una famiglia su quattro (più di mezzo milione di persone) si trova ad affrontare condizioni catastrofiche (IPC Fase 5, Catastrofe)”. La Fase 5 è caratterizzata da famiglie che “sperimentano un’estrema mancanza di cibo, fame ed esaurimento delle capacità di far fronte”.

Obiettivo

L’IPC è stato sviluppato nel 2004 per essere utilizzato in Somalia dall’Unità di analisi per la sicurezza alimentare e la nutrizione della FAO (FSNAU). Da allora, una partnership globale di 15 organizzazioni sta guidando lo sviluppo e l’implementazione dell’IPC a livello mondiale, regionale e nazionale. L’obiettivo principale dell’IPC è “fornire ai decisori politici un’analisi rigorosa, basata sull’evidenza dell’insicurezza alimentare e delle situazioni di malnutrizione acuta” per una programmazione a medio e lungo termine, delle risposte alle emergenze. “Anche se i livelli di malnutrizione acuta e di mortalità non correlata a traumi potrebbero non aver ancora superato le soglie della carestia – conclude il rapporto IPC – questi sono in genere il risultato di un divario prolungato ed estremo nel consumo di cibo. La maggiore vulnerabilità nutrizionale dei bambini, delle donne incinte e che allattano e degli anziani è una particolare fonte di preoccupazione”.

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