“Sopravviverà l’Urss fino al 1984?” era il profetico titolo di un libro scritto nel 1970 da un dissidente russo Andrej Amalrik. Nel 1985 fu eletto segretario del Pcus Michail Gorbačëv.
Una domanda simile si può porre sul futuro della democrazia americana che da quasi 250 anni è il faro che ha orientato l’Europa verso un regime libero, pluralistico, rispettoso delle diversità e che da qualche anno sembra traballante e a rischio crollo. Se Alexis de Tocqueville tornasse a fare un viaggio dove lo portò nel 1831 la sua curiosità sul sistema penitenziario americano, dovrebbe riscrivere “La democrazia in America” l’opera che ha illuminato l’Occidente sulle virtù e l’originalità del modello dell’altra sponda dell’Atlantico. Perché due pericolosi virus si sono inseriti nella politica e nelle menti degli americani. Tra i repubblicani il contagio più pericoloso viene dal populismo, tra i democratici l’infezione deriva da un massimalismo benpensante che opera come un’ideologia senza idee.
Il populismo ha il suo campione in Donald Trump. La sua risalita nei consensi in vista delle elezioni del 2024 preoccupa molti ambienti, americani e no, che prefigurano scenari apocalittici.
Il nocciolo del populismo trumpiano consiste nel ritenersi investito di una missione che, in nome del popolo, consente anche di forzare il normale funzionamento delle istituzioni e di stravolgere il fair play che dovrebbe caratterizzare la normale dialettica democratica. Della serie “il popolo sono io e faccio quello che voglio”. In politica estera questo populismo si coniuga con un isolazionismo che potrebbe indebolire la Nato, trovare un accordo al ribasso con Putin nell’erronea illusione di poter così fronteggiare meglio la Cina.
Il virus che si insinua tra certi democratici è quello che produce il politically correct, la cancel culture, un anticapitalismo senza Marx, un massimalismo sloganistico che ignora la realtà e le preoccupazioni della gente comune e ora si esprime anche con tracce di antisemitismo. Non è un caso che tre presidenti di prestigiose Università (Harvard, MIT, Pennsylvania) siano state invitate a lasciare il loro incarico per avere avuto atteggiamenti reticenti davanti al Congresso sul tema delle violenze contro gli ebrei.
Questi due virus hanno creato un clima di incomunicabilità che divide profondamente la società americana e la espone al rischio di essere fragile proprio nel momento in cui le autocrazie e i regimi totalitari hanno scatenato un0’offensiva su larga scala e non solo a parole.