domenica, 22 Dicembre, 2024
Economia

Borse in altalena ma la guerra in Medio Oriente spinge i profitti di petrolio e oro

Mercoledì le azioni globali si sono stabilizzate poiché le preoccupazioni degli investitori sul rischio di un ampliamento del conflitto in Medio Oriente si sono tradotte in un’impennata dei prezzi del petrolio e dell’oro.
Ad aggravare la preoccupazione sull’attuale situazione geopolitica c’era la prospettiva di non avere tregua in tempi brevi dai tassi di interesse punitivamente elevati, a seguito dei dati statunitensi che hanno mostrato una ripresa della spesa al consumo a settembre.

I mercati obbligazionari hanno avuto un duro colpo il giorno precedente, dopo che le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono aumentate più del previsto il mese scorso, consolidando le aspettative secondo cui la crescita economica avrebbe ripreso più del previsto nel terzo trimestre.
Inoltre, la Cina ha registrato una crescita economica annua del 4,9% nel terzo trimestre, battendo le previsioni del 4,4%.
I sentimenti degli investitori sono stati messi a dura prova a seguito dell’attacco all’ospedale di Gaza e successivamente del viaggio del presidente americano Joe Biden nella regione.

La notizia ha contribuito a spingere il petrolio sopra i 90 dollari al barile e ad alimentare un’offerta per l’oro, che di solito fatica quando i rendimenti obbligazionari salgono, ma non ha messo in ombra le prospettive per i tassi di interesse e l’inflazione come forza trainante per i mercati mercoledì.

In forte calo i mercati asiatici, con Hong Kong, Shanghai, Singapore, Mumbai, Giakarta, Taipei e Manila in calo, insieme a Londra, Parigi e Francoforte.

“Il dollaro non è in forte rialzo ed è relativamente stabile. L’unica anomalia sono i rendimenti obbligazionari: in condizioni di stress geopolitico ci si aspetterebbe che i rendimenti obbligazionari scendano come un rifugio sicuro, ma la realtà è che i rendimenti obbligazionari sono aumentati” ha dichiarato Samy Chaar, capo economista di Lombard Odier.
I mercati monetari mostrano che i trader stanno scommettendo più pesantemente sul fatto che la Federal Reserve  sarà costretta ad aumentare nuovamente i tassi, dopo aver recentemente segnalato che potrebbe non essere necessario farlo. Una mossa a novembre è ancora vista come una probabilità dell’11%, ma la probabilità per gennaio è salita al 50% dal 37%.

Il mercato ha inoltre nuovamente ridimensionato le aspettative di tagli anticipati dei tassi, senza alcuna possibilità di un intervento fino a giugno e con un allentamento di circa 54 punti base implicito per tutto il 2024.
Infine, i futures del greggio sono saliti brevemente del 3% nel corso della giornata di giovedì, mentre crescevano i timori per l’ampliamento dei disordini che potrebbero destabilizzare il Medio Oriente ricco di greggio, con alcuni analisti che prevedono un possibile ritorno al petrolio a 100 dollari, mentre l’oro ha toccato un picco di quattro settimane mentre gli investitori cercavano più sicurezza di investimento.

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