Contrastare l’aumento dei prezzi estendendo il taglio delle accise sui carburanti; sostenere gli investimenti; favorire l’export con la promozione del Made in Italy sui mercati internazionali. Potrebbero essere questi i primi interventi da mettere in atto, da parte del governo, per cercare di risollevare l’economia italiana, in chiara difficoltà leggendo la nota congiuntura flash di Confindustria in merito alle previsioni sul futuro finanziario. Prospettive che non sono per niente buone per gli industriali che evidenziano un quadro economico italiano in peggioramento perché, in soldoni, i prezzi e i tassi alti bloccano l’economia italiana. Nello studio diffuso ieri viene fatto notare inoltre che l’inflazione è in lento calo, che c’è meno credito e meno liquidità. E poi ancora: molti più interessi da pagare per le famiglie; esaurita la ripresa nei servizi; industria in sofferenza: giù la domanda interna in Italia e anche l’export è in riduzione (anche se si è registrato un miglioramento in agosto). Inoltre, dopo la caduta nel secondo trimestre, il Pil è stimato debole anche nel terzo e le attese sul quarto non sono migliori. Un quadro nero, insomma, questo fotografato degli industriali che chiedono all’esecutivo di intervenire, anche tramite la prossima manovra economica, affinché le tasche degli italiani possano tornare a respirare e quindi a investire sul mercato. La prevista crescita del 2,5% del Pil nel 2023, in calo rispetto alla previsione precedente del 3,2%, non può far dormire sonni tranquilli. Se non è rischio recessione poco ci manca.
Inflazione: lento calo
La nota degli industriali ha fatto presente che l’inflazione italiana è scesa al +5,3% annuo a settembre. I prezzi core di beni e servizi sono rallentati (+3,9%), mentre per gli alimentari la moderazione è ancora agli inizi (+8,6%) grazie alla flessione recente delle materie prime. I prezzi energetici al consumo sono cresciuti poco (+1,7% annuo), ma a settembre le quotazioni di gas e petrolio sono risalite.
Meno credito, meno liquidità
Confindustria ha anche fatto presente che è proseguita la corsa del costo del credito (5,09% a luglio) per le imprese italiane ed è peggiorata la caduta dei prestiti (-4,0% annuo). Una quota crescente di imprese non ha ottenuto credito (8,2% a settembre): la domanda è stata frenata da condizioni troppo onerose, ma hanno pesato anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1% in un anno i depositi), mentre sono aumentati i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti.
Tassi a fine corsa?
A settembre, la Fed ha tenuto fermo il tasso USA a 5,50%, non escludendo nuovi rialzi. La Bbc, invece, ha deciso un altro aumento, a 4,50%, perché prevede un’inflazione troppo alta troppo a lungo, ma ha ammorbidito il tono su eventuali ulteriori mosse. I mercati ora ritengono altri rialzi negli Usa e nell’Eurozona possibili, ma non probabili, intravedendo i primi tagli entro il 2024.
Soffre l’industria
A luglio la produzione ha subito una nuova caduta (-0,7%; da inizio anno -1,9%), dopo il recupero di maggio-giugno (+0,2% acquisito nel 3° trimestre). La flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio). Alcuni dati qualitativi intravedono un miglioramento in agosto: il PMI manifatturiero è risalito, pur indicando un calo (45,4 da 44,5) e RTT segnala un parziale recupero del fatturato; ma a settembre la fiducia delle imprese ha proseguito la caduta. Anche nel settore edile forte calo a luglio (-1,6%, -4,3% da inizio anno) e in agosto l’Rtt traccia una timida risalita del fatturato.
La stretta sui tassi
Nel 2023 sta proseguendo il veloce rialzo dei tassi di interesse, iniziato lo scorso anno. L’effetto auspicato dalla Bce è un raffreddamento della domanda interna, cioè investimenti e consumi (che già si osserva), nel tentativo di ridurre l’inflazione. Per le famiglie, questo avviene facendo lievitare la spesa per interessi sui prestiti, anche quelli già in essere, in particolare i mutui per l’acquisto di un’abitazione; a ciò si sta associando anche un freno all’erogazione di nuovi prestiti.
Maggiori interessi
La stretta sui tassi ha un impatto considerevole soprattutto sulle famiglie che hanno mutui casa. L’aumento dei tassi è di +2,84 punti percentuali fino a luglio 2023, lo stock di mutui è di 425 miliardi di euro, di cui vanno considerati solo quelli a tasso variabile, stimati al 38% del totale (162 miliardi). Risulta un aggravio di interessi annui pari a +4,6 miliardi, in aggregato. Che pesa da subito, nel 2023, dato che le rate sui mutui variabili si aggiornano mese per mese.
Export in riduzione
In calo l’export italiano di beni in luglio (-1,3%; e -1,0% sulla media del 2° trimestre, a prezzi costanti), sia nei mercati UE che in quelli extra-UE: alla debolezza delle vendite in Germania, si è aggiunta una battuta d’arresto di quelle negli Stati Uniti. Rimbalzo ad agosto per l’export extra-UE, in particolare negli USA, anche per effetto di vendite occasionali. Ancora negative in settembre le indicazioni dagli ordini manifatturieri esteri, specie per la debolezza della domanda europea.