Piange, e anche pesantemente, il mondo della produzione delle costruzioni. Ma almeno sorride (anche se tutto sommato a denti stretti) quello occupazionale. Sono numeri di certo stridenti quelli comunicati rispettivamente da Istat e Inps, negativi nel primo caso, più o meno positivi nel secondo.
Calo pesante
Partendo dalle notizie che confermano il difficile momento dell’economia e dell’imprenditoria italiana, c’è quindi da registrare un luglio nero per il mondo della produzione nelle costruzioni che, rispetto a giugno, ha fatto registrare un calo pesante, dell’1,6% per la precisione: mai così male dal dicembre del 2021. Ma anche il confronto con l’anno precedente è negativo: la flessione è dell’1,1% rispetto a luglio del 2022. I dati peggiorano pesantemente se si considera il trimestre comprendente maggio, giugno e luglio che rispetto a febbraio, marzo e aprile ha avuto un calo del 2,5%. In più, nella media dei primi sette mesi del 2023, la produzione è calata del 2,3%. Insomma, i numeri forniti dall’Istat fotografano una situazione di certo non piacevole, anche se non vengono indicato i fattori che hanno contribuito al calo della produzione delle costruzioni che comunque potrebbe essere ‘figlio’, per esempio, dei costi delle materie prime: il prezzo di ferro e cemento è aumentato notevolmente negli ultimi mesi. C’è poi sempre la guerra in Ucraina che ha portato a un aumento dei prezzi dell’energia e non bisogna dimenticare che l’incertezza economica ha portato a una netta riduzione degli investimenti.
Part time stabile
Se la nota dell’Istituto di statistica non può di certo far dormire sonni tranquilli, almeno qualche buona notizia arriva dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps secondo il quale nel primo semestre del 2023 le nuove assunzioni sono state 4.287.000. Certo, in leggera flessione rispetto allo stesso periodo del 2022 (-1%), ma almeno superiori al livello prepandemico del primo semestre 2019. Le cessazioni sono state 3.286.000, in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-3%). Il saldo nei primi sei mesi è dunque positivo (+1.001.308 contratti).
Nello specifico, in flessione rispetto all’anno scorso i contratti in somministrazione (-9%), a tempo indeterminato (-6%) e in apprendistato (-4%); tutti gli altri contratti registrano una leggera crescita: lavoro intermittente +3%, stagionali +2% e tempo determinato +1%. Si registra inoltre una lieve flessione per tutte le classi di dimensione aziendale: fino a 15 dipendenti -1%, da 16 a 99 dipendenti -0,3%, per 100 e oltre -2%. Per quanto riguarda le tipologie orarie l’incidenza del part time è rimasta stabile sia per l’insieme delle assunzioni a termine (37%) che per quelle a tempo indeterminato (32%). Le trasformazioni da tempo determinato nel corso del I semestre del 2023 sono risultate 400.000, in lieve aumento rispetto allo stesso periodo del 2022 (+5%) ma comunque inferiori al livello straordinario del primo semestre 2019 (quando erano risultate 420.000).