domenica, 17 Novembre, 2024
Ambiente

Summit africano sulla crisi climatica: serve un sistema che funzioni per tutti

Cala il sipario al primo summit africano sul clima. A Nairobi, si sono incontrate 54 delegazioni di tutti gli stati del continente per trovare una condotta comune, africana, riguardo i cambiamenti climatici. Un’intera settimana per mettere a punto una strategia condivisa in vista della Cop28 che si terrà a fine novembre negli Emirati Arabi Uniti e per cominciare a esercitare un’influenza più forte ai tavoli globali. Tra i partecipanti esterni al vertice, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen (ha annunciato uno stanziamento dell’Ue di un miliardo di dollari in green bond), l’inviato del governo americano per il clima, John Kerry, e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres; che ha dichiarato che quella finanziaria è una delle “ingiustizie più scottanti della crisi climatica”

Pochi soldi per riparare i danni

Secondo l’Organizzazione meteorologica per il clima (Omc) l’Africa, che conta il 17% della popolazione mondiale, è responsabile di appena il 4% delle emissioni di gas serra. Di converso è uno dei continenti più colpiti dall’inquinamento, dal riscaldamento termico e da eventi estremi naturali. Dati di Science Direct rilevano che dall’inizio del 2022 almeno 4mila persone sono morte e 19 milioni sono state colpite da eventi meteo estremi. Secondo l’Onu l’intero continente perde dai 7 ai 15 miliardi di dollari l’anno a causa dei cambiamenti climatici. Per invertire il trend e riparare i danni i paesi africani dovrebbero ricevere in media 124 miliardi di dollari l’anno, invece finora hanno ricevuto una cifra intorno ai 28 miliardi. Secondo un focus di Ispi (Istituto di Politica Internazionale) “il tempo stringe” e il continente si sta riscaldando a un ritmo veloce tanto che sono molto aumentati i fenomeni climatici quali siccità e alluvioni. Solo lo scorso anno c’è stata la peggiore siccità in Corno d’Africa degli ultimi quarant’anni e i vasti e prolungati incendi in Algeria. Nel nord Africa si sono ripetute ondate di caldo. Nell’area sub-sahariana è raddoppiato, in un anno, il numero di bambini sfollati; quasi due milioni. Nel nord della Nigeria le inondazioni hanno costretto a migrazioni climatiche oltre 30mila persone. Save the Children ha comunicato che “molti bambini sono stati separati dalle famiglie e ospitati in strutture temporanee.”

Accordo globale per ridurre i debiti

All’apertura del summit il presidente keniano William Ruto ha detto: “non siamo qui per fare una lista delle nostre lamentele. Ma dobbiamo fare in modo che coloro che ci hanno portati qui, alla crisi climatica che stiamo vivendo, gli emettitori, siano ritenuti responsabili e si crei un sistema che funzioni per tutti.” Dal summit viene anche la richiesta di un “accordo globale sulla riduzione del debito per aiutare le nazioni africane a combattere gli effetti del cambiamento climatico.” Le due questioni, è stato detto, “sono indelebilmente legate.” Le nazioni africane chiedono al mondo di onorare gli impegni presi alla Cop15 di Copenaghen di versare 100 miliardi di dollari l’anno come compensazione dei danni e per favorire la riduzione di gas serra.

Contro un nuovo colonialismo

Nonostante l’enorme potenziale di energia solare, in Africa ancora 600 milioni di persone non hanno l’energia elettrica. Lo sviluppo, in vaste aree, è pregiudicato, e le infrastrutture rinnovabili sono molto in ritardo. Lo stesso summit è stato messo in discussione da centinaia di associazioni e organizzazioni della società civile che in una lettera aperta, indirizzata al presidente del Kenya, William Ruto, hanno affermato che l’incontro “è stato sequestrato dai governi occidentali”. Al leader, definito “il più esperto dell’Africa”, i promotori della protesta hanno spiegato che le posizioni del continente sono strumentalizzate e messe da parte da enti e società di consulenza occidentali. Il “mercato del carbonio” e gli approcci “climate positive” sono “false soluzioni.” A riprova delle pressioni di cui il vertice sarebbe stato oggetto, viene citato il fatto che dei circa 40 partner, solo un quarto siano africani. “Non c’è spazio per l’illusione delle compensazioni in un mondo in cui abbiamo esaurito il budget di carbonio rimanente”, ha affermato Mohamed Adow, direttore del think tank sul clima Power Shift Africa. “La struttura stessa del carbon credit prevede che noi offriamo ai paesi industrializzati e alle aziende il permesso di continuare a inquinare, autorizzando di fatto un percorso ad alte emissioni e spostandone l’onere sulle popolazioni africane. È una nuova forma di colonialismo”.

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