“Abolire il numero chiuso a medicina? Un errore”. La disputa sulla opportunità di ampliare le possibilità ai giovani che intendano intraprendere la professione medica sia giusta o meno, ha acceso un dibattito che vede protagonisti il Ministro dell’Università Anna Maria Bernini che valuta di abolire il numero chiuso. Mentre il “no” secco arriva dall’Anaao Assomed, l’organizzazione dei medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale che “si oppone fermamente al progetto”. Il confronto registra l’intervento del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia che lancia due proposte, la prima rivolta ai medici che hanno compito 70 anni che a giudizio del Governatore devono rimanere in servizio; la seconda è la condivisione con il ministro Bernini e con il Governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, sulla necessità di abolire il numero chiuso per l’accesso alle facoltà di Medina.
Nuovi dottori? Disoccupati di lusso
A far infuriare i sindacati dei medici è il gruppo di lavoro realizzato dal ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, presieduto da Eugenio Gaudio dell’Università La Sapienza di Roma, per valutare se ci sia la necessità di superare l’attuale sistema basato sul numero chiuso, o se invece basta aumentare il numero di posti per le matricole, come oggi avviene. La mossa del Governo ha spiazzato l’Anaao Assomed che insorge nel sottolineare i punti critici. “A questo punto non abbiamo più dubbi”, attacca Pierino Di Silverio Segretario nazionale Anaao Assomed, “di essere di fronte a un vero e proprio disegno per destrutturare questa professione nel futuro. Per formare un medico occorrono 11 anni. Aprire oggi il numero programmato a Medicina vuol dire ‘sfornare’ disoccupati di lusso tra 11 anni quando l’esigenza di medici non sarà così pressante come oggi visti i dati sui pensionamenti. La pletora verso cui ci avviamo però contribuirà sicuramente alla cessione di un mercato al ribasso”.
L’Anaao: intervenga Schillaci
La sintesi del ragionamento del vertice Anaao Assomed è di opposizione e nel contempo sollecitare il ministro della Salute, ad intervenire.
“Ci opponiamo fermamente a tale scelta scellerata”, ribadisce Di Silverio, “non supportata da adeguata programmazione che invece rappresenta il perno su cui fondare il futuro del sistema sanitario. Evidentemente non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ci appelliamo alla sensibilità del ministro della salute Schillaci”, conclude Di Silverio, “e chiederemo incontro urgente al Ministro Bernini per rappresentare le ragioni della categoria”.
Il Comitato pro ingressi
La determinazione del ministro dell’Università appare altrettanto convinta ad iniziare dal comitato, presieduto da Eugenio Gaudio dell’Università La Sapienza di Roma, composto da rappresentanti del Ministero della Salute, della Conferenza delle Regioni e di diverse organizzazioni accademiche, tra cui Massimiliano Fedriga, Salvatore Cuzzocrea, Carlo Della Rocca, Gianluca Cerracchio e Rossana Ugenti. Il comitato tra l’altro ha già raccolto le indicazioni c’è arrivano dalla politica, in particolare da nomi di rilievo di Governatori regionali, contrari al numero chiuso, tra questi Luca Zaia e Stefano Bonaccini, presidente della dell’Emilia Romagna che sostengono che il numero chiuso crea problemi e mentre c’è una forte necessità di aumentare il numero di medici.
La proposta del Veneto
Luca Zaia ieri è tornato sull’argomento partendo da un problema oggettivo che è la fuga dei medici dal Servizio sanitario nazionale “Il problema numero uno della sanità italiana è la mancanza di medici. In Italia ne mancano 50mila, 3.500 in Veneto. Sul mercato non si trovano. Se io avessi 3.500 ambulatori aperti potrei azzerare le liste di attesa in pochi giorni. È una questione che ci trasciniamo da anni. Adesso basta”. Sull’abolizione del numero chiuso il governatore del Veneto spiega le sue ragioni in una intervista del Sole24Ore dive rilancia una proposta già bocciata e in più occasioni dalla Intersindacale medica, quella di far rimanere in corsia medici oltre i 70 anni. “Lancio anche un appello dalle colonne del Sole24Ore: non è possibile mandare in pensione i medici ospedalieri a 70 anni. Devono poter continuare il loro impegno di lavoro nella sanità pubblica, se lo vogliono”, sottolinea Zaia, “Abbiamo investito su di loro, hanno un bagaglio di esperienza straordinaria e noi li costringiamo ad andare in pensione? Così poi vanno a lavorare nelle cliniche private, magari al di là della strada?”. Il presidente della Regione Veneto punta non solo a porre il problema ma chiede che sia al più presto inserito nell’agenda di Governo. “Lo chiedo ufficialmente al governo: il medico che vuole continuare a lavorare nel pubblico deve poterlo fare. A volte perdiamo vere ‘star’ della medicina per questa norma assurda. E i miei medici in Veneto spesso piangono quando devono lasciare il loro ospedale”.
Ipotesi di accordo alla francese
Sia i medici che la politica riconoscono che il problema è grave, e sarà anche peggio nei prossimi mesi quando ci sarà una impennata di richieste di pensionamenti. Si cerca una mediazione, c’è chi indica una via ufficiosa di accordo, partendo dalla analisi oggettiva dei problemi da affrontare. L’ipotesi più probabile è quella di un ulteriore allargamento della platea di studenti ammessi più che la rimozione del numero chiuso, che rischierebbe di mettere in crisi le università per mancanza di spazi, di professori e di risorse adeguate a reggere l’urto di 60 mila matricole. Resta sul piatto l’idea, secondo indiscrezioni di fonte medica, di posticipare l’esame di ammissione alla fine del primo anno in una sorta di sistema francese italianizzato che piace ai fautori della riforma anche se non elimina il numero chiuso ma sposta in avanti di un anno la selezione.