È un quadro tutt’altro che entusiasmante del nostro Paese. Se si eccettuano i dati positivi sulla longevità della popolazione e delle crescita, che negli ultimi due anni è stata moto soddisfacente, il resto è un insieme di toni grigi a volte molto preoccupanti.
La denatalità è uno dei problemi più seri perché segna una tendenza ormai cronica all’invecchiamento della popolazione Se si intervenisse con una serie politica demografica adesso -ma ancora non se ne vedono le tracce- i risultati verrebbero tra una decina d’anni.
Altro segnale negativo è la condizione giovanile. L’Italia investe poco o nulla sui giovani il cui disagio aumenta insieme al blocco dell’ascensore sociale un tempo costituito dall’istruzione. Il 10% se ne va all’estero accentuando l’impoverimento complessivo del Paese che spende per formare le energie del futuro e poi se le lascia scappare di mano regalandole ad altri Paesi.
Il terzo dato inaccettabile è il gap tra la retribuzione media annua lorda in Italia e quella europea. Nel 2021 questa retribuzione era pari a 27 mila euro, circa 3700 euro in meno della media europea, in percentuale il 12% in meno, in pratica 8 mila euro i meno della Germania.
Il motivo è duplice: la scarsa competitività del sistema Italia e quindi una produttività bassa, e la vergognosa tendenza a sfruttare il lavoro dei giovani che prima di percepire una retribuzione dignitosa devono superare abbondantemente i 30 anni.
Tutto questo è inaccettabile.
L’Italia rischia di essere un Paese che galleggia verso un futuro triste che peserà sulle nuove generazioni.
Sarebbe auspicabile che tutti i partiti, invece del solito chiacchiericcio, studiassero attentamente i dati dell’Istat e proponessero soluzioni concrete e praticabili ai numerosi problemi che da tempo dovevano essere affrontati.