Gli episodi di intolleranza, di razzismo e, in particolare, di antisemitismo stanno diventando sempre più frequenti. Si verificano dappertutto, Nord, Centro, Sud, città e piccoli centri e gli squallidi artefici di tali comportamenti sono persone di varia estrazione sociale.
Se ne può dedurre che, complessivamente, la società italiana sta diventando pericolosamente più barbara e più propensa a cedere alla tentazione dell’odio?
Probabilmente sì. Ed è inutile avventurarsi in spiegazioni giustificazioniste che cercano di collegare questi fenomeni a questioni sociali, di presunto disagio o emarginazione o a condizioni di sottosviluppo o emarginazione.
Nulla di tutto questo.
Il virus di intolleranza e razzismo è sempre latente nelle società a qualsiasi latitudine, ma diventa attivo e si moltiplica quando il contesto diventa favorevole. E il contesto è dato principalmente dall’ignoranza, dalla predicazione di cattivi maestri e dai modelli negativi offerti in pasto al gran pubblico dai media tradizionali (tv in primis) e dalla degenerazione dell’uso dei social media.
Esaminiamoli.
L’ignoranza è in aumento nel nostro Paese per 3 motivi: l’aumento di coloro che abbandonano la scuola e l’università anzitempo, lo scadimento di qualità dell’istruzione e la perdita di autorevolezza dell’istituzione scolastica. Il frutto perverso di questi tre fattori è una crescita a dismisura di teste vuote o mal riempite, di ragazzi che ignorano la storia passata e recente e che sono prive degli strumenti per capire la realtà e orientare i propri comportamenti in modo consapevole.
Contrastare il dilagare dell’ignoranza dovrebbe essere una priorità assoluta ma pare che la percezione di questo fenomeno non sia particolarmente adeguata nel mondo politico, che in alcune sue piccole frange è un’espressione di questo vuoto di sapere.
La predicazione di cattivi maestri è, purtroppo, in aumento. E qui ci riferiamo a politici, intellettuali, opinion leaders e giornalisti che cercano di accaparrarsi voti, notorietà, followers e indici di ascolto aizzando gli animi, creando la paura di un nemico che di volta in volta ha il nome di immigrato, nero, ebreo, zingaro, gay, transgender, etc.
I seminatori di odio ammantati di autorità sono i responsabili più pericolosi di questa epidemia perché il loro ruolo dà una patente di legittimità ai veleni che disseminano. Nessuno di loro accetterebbe mai di essere definito intollerante, razzista, antisemita. Ma il loro comportamento concreto, il lessico volgare e aggressivo utilizzato, le modalità offensive di porgersi, lo stile -diciamo così- argomentativo rozzo, la delegittimazione dell’avversario, il ricorso alle contumelie danno il cattivo esempio e istigano ad una imitazione di massa che diventa poi incontrollabile.
Ci sono poi gli odiatori dei social network, sia quelli di professione, pagati per farlo, sia quelli che obbediscono a logiche di gregge, sia quelli che sfogano sui social gli istinti più bassi senza alcun rispetto per le regole, per la dignità delle persone, incuranti delle conseguenze delle loro invettive che vengono pubblicate, rilanciate senza che i soggetti economici, che lucrano dal traffico dei social, si assumano la responsabilità di bloccarle e di adottare i provvedimenti che certamente adotterebbero nei confronti di inserzionisti scorretti…
Il pericolo più grave è che il diffondersi del seme dell’odio crei un’assuefazione che riduca la capacità di reazione e di rigetto di questa mala erba.
Non si può convivere con l’intolleranza. Bisogna combatterla. E anche duramente, nel rispetto delle regole della democrazia libera e pluralista che va difesa dai suoi nemici senza indulgenze.