lunedì, 16 Dicembre, 2024
Economia

Pensioni, il boom dei costi gela la riforma. In 5 anni spesa salita di 50 miliardi

L’impennata dei conti previdenziali, un balzo di 50 miliardi in 5 anni, preoccupa il Governo che frena sui tempi della riforma. Sull’altro fronte i sindacati sono “sconcertati” e, pronti a scendere in piazza.
“Le dichiarazioni del Ministro Calderone circa l’eventuale riapertura, dopo l’estate, del tavolo di confronto sulla riforma della Legge Fornero sono inaccettabili”, puntualizza Domenico Proietti, segretario
confederale della Uil, “Il ministro aveva aperto il tavolo, dopo l’incontro di Cgil, Cisl e Uil con il Presidente del Consiglio, lo scorso 19 gennaio. Apprendere oggi dai giornali, dopo 4 mesi di silenzio, che il tavolo si è eclissato è francamente imbarazzante”.

Il boom dei costi previdenziali

La brusca frenata del Governo sulle trattative è conseguenza dei conti in rapida ascesa. La spesa per le pensioni è passata dai 268,5 miliardi del 2018 ai 317,9 miliardi stimati per quest’anno. Le proiezioni inoltre
dicono che la situazione contabile dell’istituto di previdenza non è affatto tranquilla. L’Inps segnala che le uscite pensionistiche resteranno sostenute. La crescita di pensionati e di assegni previdenziali per una nazione che invecchia appare travolgente. Le stime dicono che dai 268,5 miliardi del 2018, ossia l’anno che ha preceduto l’avvento di Quota 100, ai 317,9 miliardi stimati del Documento economico e finanziario, per quest’anno, si arriva a 350, 9 miliardi nel 2025 e a 361,8 miliardi nel 2026. Mentre per i prossimi due anni la
spesa crescerà al ritmo del 7,1%.

Quota 41 resta nel cassetto

Sulla tenuta dei conti si stagliano le mini riforme, gli aggiustamenti e i rinvii, collezionati negli anni. Dalla avversata legge Fornero al sistema delle Quote, ora arrivate al capolinea, almeno secondo le
osservazioni fatte da esponenti di Governo. “Con pochi miliardi Quota 41 non si fa”, commenta Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera. Mentre il ministro Adolfo Urso fa presente che ci sono altre
priorità come il sostegno a famiglie e imprese, e non la riforma delle pensioni. Anche la tanto annunciata soluzione di Quota 41 (41 anni di contributi, uscita a prescindere dall’età anagrafica), misura prevista
dalla Lega, resta nel cassetto perché al momento non ci sono le coperture economiche.

La proroga di Quota 103

Per il 2023 è in vigore Quota 103 (62 anni e 41 di contributi), soluzione ponte voluta dall’ex Governo Draghi, ma si avvicina  la scadenza del prossimo 31 dicembre. I sindacati temono che il ministro del Lavoro, Marina Calderone voglia rinviare ogni possibilità di riforma per far slittare di un anno ancora Quota 103. Sarebbe un modo per prendere tempo e verificare le condizioni economiche del sistema previdenziale.

Da ricordare infatti che l’assegno di Quota 103 è di massimo di 2.840 euro lordi al mese (36.920 euro lordi all’anno), pari cioè a 5 volte il minimo, che è di 568 euro per il 2023. Tecnicamente per Quota 103 l’importo massimo viene rivalutato annualmente, solo dopo i 67 (soglia di pensione di vecchiaia) se l’importo è più alto del tetto, allora al compimento degli anni, tornerà pieno. In altri versi resta un taglio fino al compimento dell’età pensionabile. È una scelta meno dispendiosa di Quota 41 prevista dal Governo.

Il “Cantiere” riapre dopo l’estate

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, non ha indicato date di prossimi confronti. Situazione che lascia prevedere, come sottolineano con disappunto i sindacati, che la riforma previdenziale sarà realizzata
in tempi più lunghi. Anche se non detto ufficialmente, di pensioni se ne riparlerà dopo l’estate.

Cosa c’è in vigore oggi

Con Quota 103 restano in vigore alcune misure come l’Ape sociale, prorogata fino al 31 dicembre 2023 e riguarda disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi dal 74% e addetti ai lavori gravosi. La
domanda può essere presentata anche da chi ha perfezionato i requisiti in anni passati: aver compiuto almeno 63 anni di età e non essere già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero Tra gli altri canali
di uscita anticipata, c’è anche quello che consente il pensionamento con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età anagrafica e senza adeguamenti
all’aspettativa di vita fino al 2026. Potranno poi continuare a uscire con 41 anni di versamenti, indipendentemente dalla soglia anagrafica, i lavoratori “precoci”, quelli cioè in possesso di 12 mesi di
contribuzione effettiva prima del 19esimo anno d’età. C’è poi Opzione donna altra misura prorogata per tutto il 2023 e consente alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022, un’anzianità contributiva di almeno 35 anni ed un’età anagrafica di almeno anni 60.

Lo scontro con i sindacati

In questo contesto di rinvii, soluzioni ponte e proroghe,  i sindacati puntano i piedi, ricordando che i patti erano diversi.La riforma della previdenza da urgente è passata a fanalino di coda. “La Uil”, prosegue
il segretario confederale, Domenico Proietti, “pensa che si sia perso troppo tempo e che occorra immediatamente riprendere un confronto per arrivare già nei prossimi mesi a definire un pacchetto di interventi di riforma strutturale della Legge Fornero: introducendo una flessibilità di accesso alla pensione intorno a 62 anni, affrontando oggi il tema delle future pensioni dei giovani, ripristinando Opzione donna nella versione originaria, diffondendo la previdenza complementare e rivalutando le pensioni in essere al tasso d’inflazione”. Infine la riforma previdenziale è uno dei temi al centro della mobilitazione
programmata da Uil, Cisl e Cgil con le tre grandi manifestazioni previste nel mese di maggio.

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