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Roma, 19 ott. (askanews) - Nel 1998 si festeggiava, a Napoli, la prima Giornata mondiale della Pasta, con l'intento di raccontare questo cibo buono, salutare, nutriente, accessibile e sostenibile, celebrando la sua storia e auspicando il suo ruolo di protagonista nell'alimentazione mondiale del futuro. Da allora, con cadenza annuale, l'appuntamento si è rinnovato, toccando diverse città, in Italia (Genova, Roma, Napoli, di nuovo Roma, Milano) e nel mondo (Barcellona, Buenos Aires, Città del Messico, Istanbul, New York, Mosca, Rio de Janeiro, San Paolo del Brasile), fino all'edizione 2018 nella "città-mondo" Dubai. Nel corso di questi 20 anni è cambiata la percezione che il mondo ha della pasta e dei carboidrati: la pasta ha assunto una dimensione sempre più globale ed ha saputo trasformarsi andando incontro alle esigenze dei consumatori. In 20 anni la produzione mondiale di pasta è aumentata del 63%. In 20 anni, è passata da 9,1 a 14,8 milioni di tonnellate. Secondo i dati di IPO (International Pasta Organisation) sono 40 i Paesi che ne producono in quantità superiori alle 20.000 tonnellate. Allora come oggi, l'Italia guida questo mercato. E 1 piatto di pasta su 4 mangiato nel mondo (3 su 4 in Europa) è fatto con pasta italiana. Sono quasi raddoppiati (53 oggi contro i 30 di allora) i Paesi dove si consuma più di 1 kg pro capite di pasta all'anno. In Italia il consumo pro capite è di 23,5 chilogrammi, contro i 17 kg della Tunisia, seconda in questa speciale classifica. Seguono Venezuela (12 kg), Grecia (11 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg). La pasta continua ad essere amata anche in Perù (7,8 kg), Russia (7,2 kg), Canada (6,3 kg), Brasile (5,8 kg). Buoni i consumi UE, specialmente in Francia (8 kg), Germania (7,7 kg) Ungheria (7,5 kg), Portogallo (6,5 kg), Belgio (5 kg) e Austria (4,8 kg). Rispetto a 20 anni fa il mondo mangia sempre più pasta italiana, la migliore al mondo. Secondo elaborazioni di AIDEPI, sono aumentati i Paesi destinatari (oggi quasi 200, +34%) ed è più che raddoppiata la quota export, da 740mila a oltre 2 milioni di tonnellate, il 56% della produzione. Germania, UK, Francia, USA e Giappone si confermano i Paesi più ricettivi verso la pasta italiana. Nel 2010 l'Unesco ha dichiarato la Dieta Mediterranea patrimonio comune immateriale dell'umanità. E la pasta, in questa dieta, ha un ruolo d'elezione. Modello alimentare sano ed equilibrato fondato prevalentemente su cibi di origine vegetale e sul loro consumo diversificato e bilanciato, come hanno dimostrato diversi studi scientifici, aiuta a prevenire le principali malattie croniche come patologie cardiovascolari, diabete, bulimia e obesità, tumori. Negli anni, complici anche gli appelli di nutrizionisti e autorità sanitarie per una alimentazione più sana e consapevole, la frugalità e la semplicità della pasta secca sono diventati un incentivo al consumo. L'innovazione di prodotto ha garantito a tutti un piatto di pasta. Come se non bastassero centinaia di formati, i pastai stanno rispondendo alle nuove esigenze del consumatore globale puntando su innovazione e diversificazione dell'offerta: pasta integrale, gluten free, bio, fortificate, con farine di legumi e superfoods, a rapida cottura. Non solo: in 20 anni la pasta è diventata sempre più sostenibile. L'innovazione più importante è quella che non si vede nel piatto. In questi anni, grazie al miglioramento dei processi e a contratti di coltivazione che puntano sulla sostenibilità e buone pratiche agricole, i pastai hanno ridotto sensibilmente i consumi d'acqua e emissioni di CO2 connessi alla produzione di pasta. Questo alimento ha un impatto ambientale estremamente basso (l'impronta ecologica per porzione di 1 m² globale). Inoltre, a tavola è protagonista di tanti piatti anti spreco che valorizzano gli avanzi in piatti sostanziosi e prelibati. Infine, che sia in cartone o in film plastico, il suo packaging permette un recupero al 100% dei materiali di imballaggio. Oggi la pasta è di casa nei ristoranti di tutto il mondo e, nel 2006, è nato l'ONU della Pasta: è l'IPO, International Pasta Organisation, che ha come missione raccontare al mondo i plus, anche nutrizionali, di un'alimentazione basata sulla pasta. E ha dato una spinta decisiva alla realizzazione del documento di Consenso Scientifico "Healthy Pasta Meal" sottoscritto da nutrizionisti di tutto il mondo che incorpora le più recenti evidenze sull'importanza della dieta Mediterranea e sul ruolo che gioca la pasta al suo interno. La pasta ha saputo rispondere anche alle fake news delle diete iper proteiche. Dal 2002, anno in cui il New York Times conia il neologimo "carbophobia" e circa 26 milioni di americani, a partire da Bill Clinton, abbandonano del tutto pasta, pane e patate, sono cambiate molte cose: diversi autorevoli studi dimostrano che la pasta non fa ingrassare e una dieta a base di carboidrati allunga la vita, specie se inserita nel quadro di un modello alimentare mediterraneo. Mentre lla comunità scientifica americana ha espresso forti dubbi sulla salubrità delle diete iperproteiche. Risultato: negli USA, consuma abitualmente carboidrati il 41% della popolazione americana, +25% rispetto a 10 anni fa. E un'altra inquilina della Casa Bianca, Michelle Obama, si è fatta immortalare dal Time con un piatto di spaghetti, per promuovere stili di vita salutari e sostenibili. Infine, la pasta ha contribuito ad archiviare l'ingiustificata demonizzazione del glutine. Dopo la carbofobia, la glutenfobia: le esortazioni a ridurre o eliminare il consumo di pasta per via della presenza del glutine, accusato di far male o far ingrassare, sono state liquidate dalla comunità scientifica internazionale come accuse prive di fondamento. Questa proteina è nociva solo per coloro che soffrono di celiachia o gluten sensitivity (e questa fetta di popolazione può scegliere la pasta gluten free). Inoltre mangiare senza glutine se non si è celiaci ha diverse controindicazioni per la salute.

Coldiretti: cucina italiana top nel mondo candidata a patrimonio Unesco

domenica, 26 Marzo 2023
2 minuti di lettura

L’arte eno gastronomica italiana iscritta tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco. “La cucina è diventata la voce principale del budget della vacanza in Italia con oltre un terzo della spesa destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese”.

E’ quanto stima la Coldiretti nel commentare positivamente l’annuncio della candidatura della pratica della cucina italiana per l’iscrizione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco decisa dal Governo su proposta dei ministri dell’Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e della Cultura Gennaro Sangiuliano.

Il primato a tavola

“Si tratta”, sottolinea la Coldiretti, “di un impatto economico valutato per la sola spesa alimentare in oltre 30 miliardi di euro nel 2023, divisi tra turisti italiani e stranieri che sempre più spesso scelgono il Belpaese come meta delle ferie per i primati a tavola. Un risultato che dimostra l’immenso valore storico e culturale del patrimonio enogastronomico nazionale che è diffuso su tutto il territorio e dalla cui valorizzazione”, precisa la Confederazione, “dipendono molte delle opportunità di sviluppo economico ed occupazionale”.

Un record economico

Ma la cucina rappresenta anche una straordinaria leva di promozione del Made in Italy alimentare nel mondo dove nel 2022 raggiunge il valore record di quasi 61 miliardi di euro, secondo le stime della Coldiretti.

“La cucina italiana è diventata leader mondiale potendo contare sull’agricoltura più green d’Europa di 5450 specialità”, calcola la Confederazione, “sono ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 320 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole biologiche, 25mila agriturismi che conservano da generazioni i segreti della cucina contadina, 10mila agricoltori in vendita diretta con Campagna Amica e le numerose iniziative di valorizzazione, dalle sagre alle strade del vino”.

Farine di insetti e tutele

Un patrimonio di eccellenza che, sostiene la Coldiretti, è ora sotto attacco dei modelli di consumo omologanti che criminalizzano la produzione di carne, salumi e vino, vogliono imporre l’etichetta nutriscore che boccia le eccellenze Made in Italy e spingono per l’autorizzazione al commercio di cibi sintetici e all’arrivo degli insetti a tavola.

“Per questo la firma dei 4 decreti nazionali per l’indicazione della presenza di farine di insetti con grande evidenza è importante”, continua la Coldiretti, “per garantire la libertà di scelta della maggioranza degli italiani che vogliono evitarli ma anche per tutelare la salute di quanti sono sensibili ai rischi di reazioni allergiche che sono stati evidenziate dall’Autorità Alimentare Europea (Efsa)”. Un elemento di chiarezza per la grande maggioranza di italiani che li considerano estranei, sottolinea la Coldiretti, “alla cultura alimentare nazionale e non li porterebbero mai a tavola: il 54% è infatti proprio contrario agli insetti a tavola”, conclude l’indagine Coldiretti/Ixe, “mentre è indifferente il 24%, favorevole solo il 16% e non risponde il 6%”.

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