Non solo pronto soccorso nel caos per il volume di interventi e carenza di medici. In forte difficoltà ci sono gli ospedali per il record di ricoveri “impropri” di persone anziane che se dimesse non saprebbero dove andare. È la dura e sconsolante realtà messa in evidenza dalla Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi) che richiama l’attenzione su una situazione che desta una forte e crescente preoccupazione.
Anziani soli senza più famigliari
“Il 75,5% dei pazienti anziani”, sottolinea la Federazione, “rimane impropriamente in ospedale perché non ha nessun familiare o badante in grado di assisterli in casa, mentre per il 49% non c’è possibilità di entrare in una Rsa”. Un dramma umano e sanitario che genera un’altra grave emergenza quella di ospedali sovraffollati e con pazienti che rischiano di non avere una assistenza adeguata. “Il peso che ricade indebitamente sulla sanità pubblica a causa”, spiega la Federazione, “delle carenze del sistema di assistenza sociale, ma anche dei servizi territoriali sanitari poco attrezzati alla presa in carico dei pazienti anziani”.
Emergenza sociale e sanitaria
Il sondaggio condotto in un centinaio di strutture ospedaliere ha dato risultati sconvolgenti. “Dalla data di dimissioni indicata dal medico a quella effettiva di uscita”, fa presente Fadoi, “passa oltre una settimana nel 26,5% dei casi, da 5 a 7 giorni nel 39,8% dei pazienti, mentre un altro 28,6% sosta dai due ai quattro giorni più del dovuto”. In questo girone caotico c’è di più, perché la maggioranza degli anziani ricoverati se ha necessita di ulteriori cure riabilitative o altre terapie, non trova posti disponibili. “Il 64,3% dei ricoveri”, segnala la Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti, “protrae il ricovero oltre il necessario perché non ci sono strutture sanitarie intermedie nel territorio mentre il 22,4% ha difficoltà ad attivare l’Assistenza domiciliare integrata”.
Il costo di 1 miliardo e mezzo
La Federazioni fa il conto sia delle giornate di assistenza in più che dei costi per il Sistema sanitario nazionale.
“Considerando che i ricoveri nei reparti di medicina interna sono circa un milione l’anno e che almeno la metà di questi sono di over 70”, calcola il Fadoi, “E tenendo poi conto che ben più del 50% di questi prolunga mediamente di una settimana il ricovero oltre le necessità sanitarie, in tutto sarebbero 2,1 milioni le giornate di degenza in eccesso” “Un numero che influisce non poco sull’intasamento degli ospedali”, analizza la Federazione, “e che considerando il costo medio di una giornata di degenza, pari a 712 euro secondo i dati Ocse, fanno in totale 1 miliardo e mezzo l’anno di spesa che si sarebbe potuto investire in vera assistenza sanitaria”.
Ospedali intasati e senza posti
L’effetto boomerang si ripercuote sull’intera assistenza.
“I nostri ospedali sono così pieni”, spiega la Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi), “che nei pronto soccorso si affastellano anche per giorni i pazienti in lettiga che non trovano posto in reparto. Perché letti e personale sono stati via via tagliati negli anni. Ma anche per via del fatto che la metà dei ricoveri riguarda pazienti over 70 e in oltre il 50% dei casi restano in reparto circa una settimana in più del necessario, visto che non hanno un familiare che possa assisterli e che nemmeno possiedono una pensione così ricca da potersi pagare i circa duemila euro di retta mensile per una Rsa”.
Investire sui servizi alla persona
“Quello che rileva l’indagine è quanto purtroppo tocchiamo con mano quotidianamente, ossia la necessità di farsi carico di problematiche sociali che finiscono per pesare indebitamente sugli ospedali e sui reparti di medicina interna in particolare”, commenta Francesco Dentali, presidente della Fadoi. “È un quadro che dovrebbe far riflettere sul nostro sistema di assistenza sociale, che secondo l’Osservatorio del Cnel per i servizi impiega appena lo 0,42% del Pil, mentre in base ai dati Inps oltre 25 miliardi vengono erogati sotto forma di assegni, come quelli di accompagnamento o di invalidità. Questo senza considerare i 3,4 miliardi erogati direttamente dai Comuni. Un sistema inverso a quello adottato da molti Paesi, soprattutto del Nord Europa, dove l’ottimizzazione delle risorse disponibili passa per un maggiore investimento nei servizi di assistenza alla persona. Fermo restando”, conclude Francesco Dentali, “che c’è anche un evidente carenza di servizi sanitari intermedi territoriali, perché parliamo pur sempre di pazienti che al momento del ricovero nei nostri reparti necessitano di una media o alta intensità di cura”.