Benedetto XVI ha sempre riservato una particolare attenzione ai giovani chiedendo spesso ad essi di impegnarsi “con competenza e rigore morale a ricercare soluzioni di sviluppo sostenibile”. Il Santo Padre era allarmato, ma non rassegnato, dal crescente disimpegno dei cattolici sul fronte dell’intervento politico e civile e dal pericolo che le nuove generazioni corrono nell’accettare acriticamente un modello di vita edonista che in Occidente sembra essere l’unica prospettiva offerta loro.
Una preoccupazione, era quella del Pontefice emerito, che muoveva dalla constatazione della progressiva divaricazione tra etica e politica e dall’assenza di una visione che ispirasse le forze politiche, sempre più preda di un pragmatismo che insegue l’occasione e la convenienza del momento, ricercando un consenso momentaneo che dimentica del tutto gli obiettivi di lungo periodo e, quindi, il vero bene comune.
Del resto è questa stessa tentazione, sempre presente nel cristiano, tra l’aspirazione evanescente alla Città di Dio e l’essere chiamati esclusivamente a costruire la Città dell’uomo senza riferimenti alla trascendenza – contraddizione oggi più forte che in altri momenti storici – che deve indurre la comunità cristiana a trovare la difficile sintesi tra contemplazione e azione, tra preghiera e impegno diretto nella società. Tensione che in un epoca come l’attuale, stretta tra le maglie di un materialismo pratico estremo, come lo definiva Augusto Del Noce, dovrebbe spingere a confrontarsi sempre di più in un dialogo aperto anche se difficile con la società.
Da qui gli ammonimenti continui di Papa Ratzinger ai giovani a non farsi affascinare dal consumismo e dalla superficialità e a non dare valore a chi “ha fatto fortuna”, a chi ha “notorietà”, a chi conquista ricchezze e “l’applauso della gente”. “Conosco il vostro entusiasmo, i desideri che nutrite e l’impegno che ponete per realizzarli – disse Benedetto XVI rivolgendosi ai ragazzi raccoltisi in Sardegna nel 2008 per ascoltarlo – non ignoro, tuttavia, anche le difficoltà e i problemi che incontrate. Penso, ad esempio, alla piaga della disoccupazione e della precarietà del lavoro, che mettono a rischio i vostri progetti; penso all’emigrazione all’esodo delle forze più fresche ed intraprendenti, con il connesso sradicamento dall’ambiente, che
talvolta comporta danni psicologici e morali, prima ancora che sociali”. Il Papa emerito con i giovani non faceva discorsi metafisici, dottrinari, ma entrava nel merito dei problemi, additando alternative di valori al feticismo del guadagno e del successo che “sono diventati i nuovi idoli di fronte ai quali tanti si prostrano con la conseguenza che si dà valore solo a chi ha fatto fortuna ed è famoso non certo a chi con la vita deve faticosamente combattere ogni giorno”.
Insomma il possesso dei beni materiali e l’applauso della gente sostituivano, secondo il Papa, quel lavoro di formazione su se stessi che serve a temprare lo spirito e a costruire una personalità autentica. Le sue parole non indicavano ai giovani un’ideologia, un programma politico, ma uno stile di vita, un esempio, un compito: quello di darsi una forma, una disciplina e di spendersi per qualcosa di più grande di loro stessi, qualcosa che li trascenda e li liberi.
«Non è compito della Chiesa – scriveva il cardinale Joseph Ratzinger, prima di salire al soglio di Pietro in un documento per la dottrina della fede – formulare soluzioni concrete, e meno ancora soluzioni uniche per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno. Se il cristiano è tenuto ad ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono negoziabili».
Ancora oggi il magistero di Papa Ratzinger dice ai giovani che ci sono valori non negoziabili. E li invita a darne testimonianza difendendoli diffondendoli nella società e nell’impegno politico.