Nel nostro Paese ogni giorno una ragazza o un ragazzo in età adolescenziale e preadolescente, cade in depressione o tenta il suicidio e i casi di questi due fenomeni negli ultimi due anni è salito del 75%. Sono centomila i giovanissimi nel periodo post-Covid che hanno preso la strada della morte sociale, i cosiddetti “hikikomori”, isolati nella loro stanza, in fuga dall’interazione col mondo e travolti dalla paura del giudizio. A lanciare l’allarme è il presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp) Antonio D’Avino, in occasione del Congresso nazionale della Fimp.
“La pandemia è stata una bomba atomica dal punto di vista sociale per i giovanissimi. I lockdown totali, le misure restrittive successive, quelle costanti di distanziamento per la prevenzione del contagio, hanno contribuito a creare un fortissimo disagio, un urlo silenzioso di cui ci siamo accorti nei nostri studi e poi con i dati raccolti nei Pronto Soccorso” spiega Silvia Zecca, co-referente nazionale Fimp Gruppo ‘Abuso e maltrattamento dei minori’.
Nel 2018-2019 l’ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ di Roma ha rilevato 464 accessi per ideazione suicidaria, tentativo di suicidio e autolesionismo. Nel 2020-21 sono passati a 752, con un aumento di oltre il 60%”. “Il numero di consulenze neuropsichiatriche richieste per stati depressivi o ansiosi è aumentato di undici volte. In particolare, sono lievitate di quasi 40 volte le consulenze effettuate in urgenza per ideazione suicidaria, tentativo di suicidio e comportamenti autolesivi, nei giovani tra i 9 e i 17 anni”. Per Latino il fenomeno è dunque sempre più connesso all’attività del pediatra di famiglia, “protagonista di una necessaria formazione e informazione nei confronti dei genitori e dei loro figli”, aggiunge Anna Latino, co-referente nazionale Fimp dello stesso Gruppo.