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Magro bottino nella caccia agli indecisi

A 10 giorni dal voto ancora troppo alta la percentuale di chi non sa se e per chi voterà
martedì, 13 Settembre 2022
1 minuto di lettura

Prima del blackout dei sondaggi, l’ultimo dato era terrificante: solo 46 italiani su 100 erano sicuri di andare a votare. Un altro scarso 10% era abbastanza propenso a recarsi alle urne. Il restante 44% non si era ancora fatto convincere dalla martellante campagna elettorale che da prima di Ferragosto impazza ovunque.

Il motivo è semplice: i partiti si rivolgono al loro elettorato “sicuro” che capisce il loro lessico e i loro riti. Fratelli d’Italia, che dal 4% del 2018 fa un balzo di almeno il 20%, si può ritenere soddisfatta nella caccia ad elettori che non facevano parte del suo bagaglio precedente. Gli altri partiti  invece avrebbero tutto da guadagnare se riuscissero a convincere gli indecisi. Non è impresa facile ma certo non ci stanno provando nel modo giusto. Questione di programmi che non convincono?

Come insegnava Giovanni Sartori, gli elettori non votano per i programmi ma per l’idea che si sono fatti di un partito. Devono ritenerlo serio, affidabile, concreto, con poche idee ma molto chiare e, forse, allora si lasciano convincere. Nulla di tutto questo sembra all’orizzonte. Perché si fa fatica a vedere nella propaganda dei vari partiti un’idea complessiva di che tipo di Italia vogliono costruire nei prossimi 5 anni. C’è un continuo blaterare di sforamenti di bilancio, di bonus, di pensioni facili e tasse leggere, di aiuti per le bollette: ma che Italia si vuole costruire? Dove si vuole portare questo Paese? Come si vuol dare una prospettiva seria di sviluppo ad uno Stato indebitato fino al collo ma con enorme ricchezza privata e grandi capacità imprenditoriali?

In assenza di una chiara visione gli indecisi non usciranno dai loro dubbi. Agitare paure non servirà a mobilitare le masse. I partiti dovrebbero uscire fuori da sé stessi e andare nel terreno inesplorato della gente comune che è delusa da una politica senza bussola e malata di trasformismo distruttivo. Dovrebbero abbandonare la loro comfort zone e mettere le mani nella carne viva della società e provare a darle un orientamento credibile. Ma i partiti sono oligarchie e questo mestiere lo hanno dimenticato da tempo.

Giuseppe Mazzei

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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