sabato, 22 Febbraio, 2025
Economia

Richiamo dell’Ue. Lo Stato non paga 5ml. Soffrono soprattutto PMI

I numeri della “cosa inaudita”. Il registro contabile per cui inspiegabilmente la Pubblica amministrazione centrale si tiene per sé 5 miliardi e 200 milioni di euro dovuti alle imprese fornitrici. Con una particolare perfidia: il “risparmio” è fatto sulle piccole imprese, quelle più esposte al fallimento, che in autunno rischiano di crollare.

Milioni di fatture dimenticate

“Nel 2021 l’Amministrazione centrale dello Stato ha ricevuto dai propri fornitori 3.657.000 fatture per un importo complessivo pari a 18 miliardi di euro”, riepiloga la società di analisi socio economiche Cgia di Mestre, su dati della Corte dei Conti, “Ne ha liquidate 2.420.000, corrispondendo a queste imprese 12,8 miliardi, “dimenticandosi”, si fa per dire, di saldarne 1.237.000”.

L’espediente anti imprese

Grazie a questo espediente, lo Stato centrale ha “risparmiato” ben 5,2 miliardi. Dei 12,8 miliardi onorati, inoltre, il 28,2 per cento (pari a 3,6 miliardi di euro) è stato pagato in ritardo, ovvero non rispettando le disposizioni previste dalla legge in materia di tempi di pagamento.

Mandare in crisi i bilanci

“Una cosa inaudita”, segnalano gli artigiani mestrini, “che dimostra come la nostra Pubblica Amministrazione, in questo caso quella centrale,  continua a mettere a repentaglio la tenuta finanziaria di tante imprese, soprattutto di piccola dimensione, attraverso una condotta, in materia di pagamenti, a dir poco disdicevole”.

Infatti, come ha evidenziato la Corte dei Conti, la nostra Pubblica Amministrazione sta adottando una prassi sempre più consolidata, “liquida  le fatture di importo maggiore entro i termini di legge, mantenendo così il tempo medio di pagamento ponderato entro i limiti previsti dalla norma, ma ritarda intenzionalmente il saldo di quelle con importi minori, penalizzando, in particolar modo, le imprese fornitrici di prestazioni di beni e servizi con volumi bassi; cioè le piccole imprese”.

La punta dell’Iceberg

L’Ufficio studi della Cgia, inoltre, ricorda che i mancati pagamenti descritti non includono anche quelli ascrivibili alle regioni, agli enti locali: province, comuni, comunità montane; e alla sanità. “Settori, questi ultimi, che da sempre presentano tempi di pagamento (medi e ponderati)”, fa presente l’Ufficio studi, “e debiti commerciali nettamente superiori a quelli registrati dallo Stato centrale. Pertanto, la denuncia sollevata è solo la punta dell’iceberg di un malcostume che, purtroppo, attanaglia tutta la nostra Pa”.

Almeno 55,6 miliardi da pagare

Lo stock dei debiti commerciali di parte corrente dell’intera nostra Pubblica Amministrazione, inoltre, continua a crescere: “nel 2021, ultima rilevazione presentata nei mesi scorsi ha toccato il record di 55,6 miliardi di euro”, evidenzia ancora la Cgia, “Una cifra che rapportata al nostro Pil nazionale è pari al 3,1 per cento: nessun altro Paese dell’UE a 27 registra uno score così negativo.

Dei nostri principali competitor commerciali, ad esempio, i debiti di parte corrente sul Pil della Spagna sono pari allo 0,8 per cento, nei Paesi Bassi all’1,2 per cento, in Francia all’1,4 per cento e in Germania all’1,6 per cento”.
Persino la Grecia, osservano gli analisti dell’ufficio studi, che l’anno scorso aveva un rapporto debito pubblico/Pil che sfiorava il 203 per cento, presenta un’incidenza dei debiti commerciali sul Pil quasi la metà della nostra: 1,7 per cento.

Già condannati dall’Ue

La Corte di Giustizia europea ci ha già condannati, rivela la Cgia, “Con la sentenza pubblicata il 28 gennaio 2020, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che l’Italia ha violato l’art. 4 della direttiva UE 2011/7 sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra amministrazioni pubbliche e imprese private”.
Lettera di richiamo all’Italia

Sebbene in questi ultimi anni i ritardi medi con cui vengono saldate le fatture in Italia siano in leggero calo, nel 2021 la Commissione europea ha inviato al Governo Draghi una lettera di messa in mora sul mancato rispetto delle disposizioni previste dalla direttiva europea approvata 10 anni fa.

La proposta della Cgia

Infine, un’altra procedura ancora aperta, commenta la Cgia, contro il nostro Paese riguarda il codice dei contratti pubblici che prevede un termine di pagamento di 45 giorni, quando a livello comunitario la scadenza, invece, è di 30 giorni.

“Le imprese devono compensare i debiti fiscali con crediti commerciali”, spiega l’Ufficio studi, “per risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova tantissime Pmi, per l’Ufficio studi della Cgia c’è solo una cosa da fare: “Prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario”, propone la Cgia.

L’intervento del Governo

“Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni. E finalmente, pare ci sia qualche segnale che va nella giusta direzione”. In sede di conversione in legge del Decreto aiuti, le Commissioni Finanze e Bilancio della Camera, sottolinea con favore l’ufficio studi, “hanno approvato un emendamento che renderebbe strutturale la proposta richiamata più sopra. Ora non resta che incrociare le dita e attendere fiduciosi”.

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