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Collaboratori domestici: il lavoro in nero costa allo Stato 2,7 Mld

giovedì, 16 Giugno 2022
1 minuto di lettura

Ogni anno vanno persi 2,7 miliardi tra contributi e gettito fiscale per le prestazioni d’opera di collaboratori domestici in nero. Per volontà del lavoratore, il 13% delle famiglie italiane non li mette in regola a discapito dello Stato. A questo si somma l’evasione fiscale derivante dalla mancata o parziale dichiarazione dei redditi dei lavoratori. A scattare la fotografia è lo studio dal titolo “Il costo nascosto del lavoro domestico”, promosso da Assindatcolf (Associazione Sindacale Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico) e realizzato da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Mise, Mef e su una ricerca condotta su oltre 1500 Consulenti del Lavoro.

Oltre allo Stato, poi, a farne le spese sono anche le stesse famiglie. Secondo le simulazioni di Fondazione Studi, a fronte di un risparmio minimo, tra il 6-8%, derivante dall’utilizzo di lavoro irregolare, i datori si accollano il rischio di arrivare a pagare il 30% in più in caso di controversia con il lavoratore. Un pericolo concreto considerando che dall’indagine condotta sui Consulenti del lavoro emerge che ogni anno su 100 rapporti di lavoro, circa 2 danno origine a controversie che, nella maggior parte dei casi, nascono dal mancato riconoscimento delle ore lavorate, tipico di un lavoro parzialmente irregolare (68,4%) o dal lavoro irregolare tout court (45,2%).

Ciò determina una spesa aggiuntiva annua per le famiglie intorno ai 55 milioni di euro.   Secondo la rilevazione svolta a maggio 2022 sugli associati ad Assindatcolf, circa 2 famiglie su 10 (18,6%) hanno avuto discussioni e incomprensioni attinenti al rapporto di lavoro, che avrebbero portato nel 9,6% dei casi a una controversia o accordo economico con il lavoratore. Il 13,3% lamenta, invece, di essersi trovata nelle condizioni di non riuscire a regolarizzare completamente la situazione lavorativa del collaboratore per volontà di quest’ultimo.

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