domenica, 24 Novembre, 2024
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Il Governo si impegni per la crescita al 2,8%

Il problema dell’inflazione ,le conseguenze della politica monetaria della Banca centrale europea e la reazione delle borse e del mondo imprenditoriale sono i temi su cui abbiamo intervistato il Prof. Ubaldo Livolsi, banchiere ed advisor, esperto internazionale dei mercati finanziari.

Prof. Livolsi, dopo le parole di Lagarde i mercati vanno giù. A preoccupare è la mancata rassicurazione da parte del presidente della BCE sullo scudo Bce per gli alti debiti pubblici e gli occhi sono puntati sull’Italia, Paese con debito tra i più alti d’Europa. Si allarga sensibilmente il differenziale fra Btp e Bund. Verso quale direzione è diretto il nostro Paese?
La decisione della BCE di innalzare i tassi dello 0,25% a luglio non è stata un temporale improvviso. Nelle ultime settimane avevamo già assistito all’aumento dello spread. In un mese il rendimento dei Btp decennali era cresciuto del 28%, passando dal 2,85% al 3,72% di giovedì scorso, numeri che non si vedevano dal 2014. Il fatto che la Bce non acquisterà più – dopo sette anni – il debito italiano tramite l’acquisto dei titoli di Stato, non poteva che avere un effetto dirompente per uno Stato come il nostro, che uno di quelli col debito più alti e che quindi subirà più conseguenze a seguito del provvedimento dell’istituto presieduto da Christine Lagarde. Del resto, non poteva essere diversamente, con l’inflazione in area euro su così alti livelli. Secondo l’Outlook di giugno dell’Ocse, in Italia l’inflazione nel 2022 sarà del 6,3%, in Germania del 7,2%.

Il nostro Paese – al di là degli aspetti che andranno a toccare le persone (pensiamo per esempio all’aumento del costo dei mutui variabili) – vivrà una situazione difficile e le conseguenze della guerra in Ucraina, dall’aumento costo dell’energia, a quelli del grano e delle materie prima, si faranno sentire ulteriormente. Non gioveranno al nostro Pease le elezioni politiche di inizio maggio 2023, con i partiti che chiederanno di aumentare la spesa per accaparrarsi il voto degli elettori. Ci auguriamo che il Governo Draghi, sostenuto da un maggioranza parlamentare così ampia e variegata, rimanga compatto e riesca a rispettare l’obiettivo di crescita del 2,8%, anche se l’Outlook dell’Ocse rivede il nostro Pil in ribasso al 2,5%, mentre quello dell’area euro registrerà un 2,6%.

Tutta l’economia reale soffre il rialzo del costo del denaro, perché è costretta a pagare di più per finanziarsi. Le società più indebitate sono quelle più esposte, per tutti il rialzo dei tassi è una iattura. Che fine farà il tessuto imprenditoriale italiano detto banco-centrico?
L’aumento del costo del denaro certamente penalizza le nostre aziende; tuttavia, siamo di fronte a un aumento dello 0,25% – molto meno di quanto fatto dalla Fed che ha dovuto tener conto sia di un’inflazione più alta che di una economia più spinta – il che, se è vero che pesa notevolmente per uno Stato come quello italiano, che è gravato da un debito che viaggia intorno ai 2.700 miliardi, ha conseguenze molto meno drammatiche per le aziende. Non dimentichiamo che le nostre eccellenze produttive sono spesso caratterizzate da una snellezza dimensionale, che se può essere un limite, in casi come questi è un pregio.

Se vogliamo allargare il discorso, a seguito della decisione della Bce, il dollaro si rivaluterà ancora rispetto all’euro e ciò stimolerà le esportazioni verso gli Usa, un’opportunità importante in un momento in cui le stesse verso la Russia si sono drasticamente se non quasi del tutto ridotte. C’è da preoccuparsi per il fatto che le imprese potrebbero essere a rischio insolvenza e a corto di risorse per poter effettuare investimenti per essere competitive sui mercati internazionali. Anche in questo caso, una crisi può essere uno stimolo al cambiamento. Come abbiamo approfondito più volte su questo giornale, i nostri imprenditori potrebbe guardare oltre il finanziamento bancario, ma optare per la finanza cosiddetta alternativa, dal capitale di rischio, alla Borsa ai fondi innovativi.

Come mai dopo l’annuncio di Lagarde sul rialzo dei tassi soprattutto la borsa di Milano chiude in forte perdita?
La Borsa di Milano ha reagito in modo molto negativo. Venerdì Piazza Affari ha ceduto più del 5% e ha bruciato circa 39 miliardi di capitalizzazione. La piazza finanziaria del capoluogo lombardo valuta con preoccupazione la fine del quantitative easing, lo spread in aumento ed il fatto che la Lagarde non abbia detto una frase simile a quella che pronunciò il suo precedessero Mario Draghi, il 26 luglio 2012: “Whatever it  takes”. Il timore maggiore, come detto, è che il nostro Paese sia il più esposto al provvedimento della BCE, considerato il suo altissimo debito. Tuttavia, a ben vedere, come hanno osservato alcuni esperti, anche questa situazione critica potrebbe essere motivo di rinnovamento.

Potrebbe essere il momento per riequilibrare il portafoglio. Sulla parte equity c’è stato un riprezzamento importante, che ha impattato i titoli delle aziende cosiddette “growth”, come l’info-tech, sensibili ai rialzi dei tassi e bisognose di finanziare il capitale. Vorrei concludere con una riflessione di ottimismo, sono convinto che la situazione della Borsa si attesterà in modo più costante su valori migliori rispetto a quanto avvenuto in questi giorni, a maggior ragione se il negoziato con la Russia – mi riferisco in particolare alla questione dell’approvvigionamento energetico e delle materia prime – si avvierà verso una soluzione.

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