Le due date che, un tempo, celebravano in Italia e in Russia le vittorie dei due popoli su fascisti e nazisti quest’anno saranno vissute diversamente. Nelle piazze d’Italia si ricorderà il valore della resistenza al tiranno e all’invasore. A Mosca si esalterà la guerra di aggressione ad uno Stato sovrano, che si è contornata di mostruose atrocità sulla popolazione civile.
Nelle nostre città serpeggerà, anche se molto minoritaria, una torbida miscela di ingredienti che nulla hanno a che vedere con l’antifascismo: la suggestione verso il despota di Mosca, il pacifismo vigliacco che vorrebbe la resa degli Ucraini per farci dormire sonni tranquilli, la disonestà intellettuale di chi stravolge la realtà e fa ricadere su chi ci ha protetto-la Nato- le colpe di una guerra imposta dal revanscismo panrusso di Putin.
Nella Piazza Rossa non andrà in scena il trionfo che Putin sognava.
Fallita la guerra lampo, svanita la presa di Kiev. con migliaia di soldati russi morti e simboli dell’orgoglio militare finiti in fondo al Mar Nero, il capo del Cremlino potrà esibire-forse-solo la conquista di Mariupol. Martoriata per 60 giorni, ridotta in cenere, con migliaia di vittime e deportazioni non si è – a oggi – ancora arresa. Putin ha deciso di non distruggere l’acciaieria più grande d’Europa non certo per motivi umanitari ma perché intende utilizzarla appena avrà il pieno controllo della zona. Cosa succederà nel Donbass? Difficile prevederlo. Biden non pone limiti al sostegno militare ed economico a Kiev che disporrà di un arsenale in grado di ostacolare con efficacia un’offensiva russa che si annuncia più concentrata e determinata.
Agli epigoni di quello che fu un antifascismo glorioso dà fastidio sentirsi dire che gli ucraini combattono anche per noi e che hanno bisogno delle nostre armi per farlo. Se la guerra di liberazione dai nazi fascisti fosse stata combattuta secondo i criteri urlati in tanti talk show televisivi il 25 aprile non ci sarebbe mai stato.