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Man divides warring parties conflict with a hand. Mediator services. Stop fight, ceasefire clashes, hot phase of war. Finding a compromise. Avoidance violence, bullying. protection of witnesses.

Quello strano “pacifismo” all’italiana

venerdì, 22 Aprile 2022
1 minuto di lettura

Nell’imminenza del 25 Aprile, Festa della Liberazione e, ancor più, in concomitanza con questa guerra insensata e crudele, vorrei  condividere una mia riflessione  sulla parola “Guerra”. In omaggio anche a chi sostiene, giustamente, che l’Italia ripudia la Guerra, ma non la Resistenza.

Ma, se ci riflettiamo bene, la nostra Costituzione ripudia tante altre cose, quando, all’articolo 11, stabilisce: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali….”

Ebbene, anch’io facevo una riflessione sul significato che, nella storia delle religioni e delle civiltà, ha assunto il temine “Guerra”. Che, comunque lo si consideri, si presta a tante e diverse interpretazioni. Ad esempio, un conto è scatenare la Guerra e un altro conto è subirla. Nella cultura e nella tradizione cattolica e marxista (o nella sua declinazione catto-comunista), ha un significato fortemente aggressivo, che richiama il gesto di Caino contro Abele. Ben altro significato assume in altre culture e, ancora più, nelle altre due religioni monoteiste: la musulmana e l’ebraica. In poche righe non si può certo approfondire tutto questo delicatissimo argomento. Ma, per rimanere alle Sacre Scritture, dobbiamo prendere atto che c’è una profonda differenza tra il Dio degli eserciti del Vecchio Testamento e il Dio misericordioso del Vangelo. Nel Vecchio Testamento gli ebrei subirono la guerra, le deportazioni e le persecuzioni, ma la scatenarono pure la guerra. E tutt’ora Israele è uno tra gli Stati più armati del mondo.

Nel nuovo testamento invece, Cristo invita sempre a porgere l’altra guancia.

E poi, diciamo la verità, tutte le culture esaltano patriotticamente le loro Guerre di liberazione. Che com’è noto, non vengono combattute con i ramoscelli d’ulivo, ma con le armi e con tutti gli espedienti che servono a sconfiggere o a respingere il nemico. E quindi, l’Italia non ripudia solo la guerra, ma anche l’oppressione, la tirannia e le umiliazioni che un altro Stato invasore potrebbe infliggere al suo popolo. Per il resto, se andiamo a leggere i lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, troveremmo chissà quanti altri significati  e implicazioni che racchiude la parola “Guerra”, che noi Europei, ingenuamente, credevamo fosse stata cancellata per sempre dalla Storia.

Michele Rutigliano

Giornalista, è nato a Ferrandina (Matera) nel 1953. Vive e lavora a Roma. Dopo la laurea in Legge si è specializzato in Scienza delle Comunicazioni Sociali alla Pontificia Università Gregoriana. Ha lavorato alla Camera dei Deputati, presso la Commissione Bicamerale per il Mezzogiorno, all'Ufficio Stampa e alle Commissioni Parlamentari. Nella X Legislatura è stato Segretario particolare del Vicepresidente della Camera On. Michele Zolla. Successivamente, in posizione di distacco, al Quirinale, presso la Segreteria particolare del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Attualmente collabora con riviste e quotidiani su progetti legati allo sviluppo del Mezzogiorno.

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