L’attenzione ai piú deboli rappresenta un pilastro di questo giornale. Per cui questa settimana non poteva passare inosservato il Rapporto Mondiale sulle Disuguaglianze, un documento complesso, ampio e articolato che accende un faro sui divari sociali che creano ancora troppi esclusi e societá zoppe.
RICCHI E POVERI IN ITALIA
Con riferimento all’Italia, il rapporto dice che un Italiano su dieci guadagna in media otto volte di piú rispetto a metá della popolazione. A guardare la serie storica, il punto di avvitamento sono stati gli anni 80 con la parte piú ricca della societá che ha visto crescere il proprio reddito di circa 10 punti percentuali mentre, per la parte piúpovera, il trend è stato negativo con un calo compreso tra il 27% e il 21%. È stata poi proprio questa parte a vedere un’ulteriore contrazione di circa il 15%, contro la media nazionale del 12% dal 2007 al 2019, e questo a causa delle politiche di austerità seguite alla crisi finanziaria del 2007 e alla crisi del debito europeo del 2012-2014. Insomma, populismi e nazionalismi non sono qui per caso.
In altri termini, la concentrazione della ricchezza in Italia oggi è alta, anche se inferiore a quella europea. Allora come mai tiene il sistema? Perché c’è un ampio cuscinetto, un vero tesoretto per la tenuta sociale. Si tratta di quella che un tempo era chiamata la classe media, che rappresenta il 40% della popolazione italiana e detiene il 42% della richezza complessiva.
Resta però inevasa la domanda su cosa fare per creare una societá piú giusta, equa e inclusiva. Secondo il rapporto la chiave è nelle politiche fiscali, in altri termini nelle politiche redistributive. Cosa accadrebbe se invece provassimo a leggere la cosa da una prospettiva differente?
LE POLITICHE FISCALI NON BASTANO
Sicuramente il Covid ha accelerato dei trend giá in atto e il mondo del lavoro che ci aspetta sará radicalmente differente. In altri termini, è ora il momento per investire in educazione per favorire la transizione al mondo di domani. In questo rientra l’educazione al fare impresa, perché è da qui che crei ricchezza e posti di lavoro.
Per cui favorire la creazione d’impresa liberandola dai troppi lacci e lacciuoli che imbrigliano il sistema, ultimo l’obbligo notarile per le startup tanto per fare un esempio, sarebbe un bel segnale di cambiamento.
D’altronde, come ha evidenziato un recente rapporto del World Economic Forum sviluppato tra gli altri con l’Universita’ di Cambridge, è proprio nella natura della piccola e media impresa la capacitá di gettare le basi per un cambiamento sostenibile e inclusivo, a patto che ci sia un adeguato supporto legislativo e infrastrutturale. Cosa aspettiamo? Il futuro o lo crei o lo subisci.