Le conclusioni della Cop26 sono state variamente interpretate e commentate.Compromesso al ribasso, storico accordo?
Delle vittorie e delle sconfitte abbiamo parlato con l’onorevole Paola Balducci, portavoce nazionale di “Verde è popolare”, già membro del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e membro laico del CSM, oggi docente Luiss presso la facoltà dii Giurisprudenza.
Si è chiusa la Cop26 con la firma di una dichiarazione finale congiunta, cosa portiamo a casa e cosa è rimasto sul campo?
Per prima cosa bisogna sottolineare l’importanza dell’evento rispetto ai summit precedenti, soprattutto per la vastità della platea. Detto questo, se le parole hanno un peso, il passaggio da “graduale eliminazione” a “riduzione” riferita al carbone, la principale causa dei gas serra rappresenta una soluzione di compromesso a ribasso che non ci rassicura. Sicuramente registriamo un impegno maggiore da parte di tutti sui temi veri, ma bisognerà vedere i risultati perché non siano solo dei bla bla bla, come dice Greta.
L’Italia ha rivendicato il ruolo di leadership nelle trattative, ma noi, in casa nostra, stiamo facendo il possibile?
Il processo di de-carbonizzazione ha bisogno di tempo ma dobbiamo porci la domanda su cosa stiamo dando alle nuove generazione. Gli impegni sul contenimento dell’aumento di temperatura entro gli 1,5° C sono importanti, ma bisogna avviare quel percorso con al centro le scelte a favore dell’ambiente, con tavoli ampi di persone esperte, prima che i danni siano irreparabili.
Nel nostro Paese attuare queste scelte spesso sembra complicato, come interverrebbe?
L’Italia è soffocata dalla burocrazia. Quello di cui c’è bisogno sono regole chiare, certe e facilmente realizzabili, altrimenti è facile che un imprenditore rinunci oppure sia tentato di percorrere vie che non corrispondono alla legalità.
Qualche volta l’ostacolo, però, l’hanno posto proprio gli ambientalisti oltranzisti…
La sostenibilità ambientale non si può più procrastinare, bisogna affrontare i problemi con coraggio, anche a costo di perdere consensi. Il no immotivato non aiuta, abbiamo perso molte sfide per questo. In materia ambientalista occorre, pazienza, competenza, conoscenza e soprattutto, lo ripeto, coraggio.
Ritornando ai compromessi della Cop 26, tutte le colpe vengono attribuite ai Governi davanti ai fallimenti, ma secondo lei gli italiani mostrano di avere senso di responsabilità individuale nei comportamenti quotidiani? Penso, per esempio, alle porte dei negozi lasciate aperte con i riscaldamenti accesi per invogliare la clientela, ai funghi riscaldanti per gli aperitivi all’aperto o all’uso indiscriminato dell’acqua corrente.
Lei ha ragione, manca la consapevolezza che tutta la collettività ha responsabilità precise nel dover assumere stili di vita conformi. I primi colpevoli siamo noi, ci vorrebbe una educazione civica. La qualità della vita dipende da quello che i genitori insegnano ai figli, anche se mi capita di notare che sono sempre più spesso i figli a dare il buon esempio ai genitori, sono più recettivi.
Nonostante i tanti inviti del Papa a non lasciare indietro nessuno, uno degli obiettivi mancati dalla COP26 è sugli aiuti ai Paesi meno sviluppati, come se lo spiega quando è stato dimostrato che noi siamo un unicum, che ci si può salvare solo tutti insieme?
Va riconosciuto che l’Italia la sua parte l’ha fatta, triplicando i fondi per i Paesi vulnerabili, che sono passati da 500 milioni a 1 miliardo e 400.000 euro. Ci vorrebbe, però, un intervento in quei territori che vada oltre il semplice finanziamento ma che comprenda anche una vera compartecipazione allo sviluppo socio-economico-sanitario eco-sostenibile.