Sulla riforma della previdenza, che si collega a quella del fisco e del lavoro, il confronto si fa più difficile, ma non impossibile. Gli spazi di intesa tra partiti ci sono, e sono legati non solo alle scelte tecniche di Quota 102 o 103, e all’età pensionabile, ma ai fondi destinati a ciascuna delle riforme in campo. I tecnici del Ministero dell’economia e finanze sono al lavoro, per definire i nuovi scenari previdenziali, ma anche costi di altri dossier.
Il premier Draghi sa che una mediazione su temi così delicati va fatta, ma una intesa dovrà essere trovata nelle prossime 48 ore. Venerdì si aprirà un G20 a Roma e non saranno ammissibili code polemiche che mostrerebbero una Italia fragile e divisa alla vigilia del varo del Piano nazionale di Ripresa.
Solo 48 ore per un accordo
La possibile data di una intesa è quella di giovedì 28 ottobre, quando il Consiglio dei ministri dovrà dare il via libera alla legge di Bilancio e con essa alla dotazione economica di riforme e rimodulazioni di: previdenza, fisco, Reddito di cittadinanza, e Bonus 110% per la parte relativa la sistemazione delle facciate. Argomenti diversi tra loro ma con un unico denominatore, quello della sostenibilità dei costi.
Si accelera sulle scelte
Fuori le mura ministeriali, intanto, ci sono altri vertici. Quelli della politica con la Lega che preme per Quota 102 per il 2022 e il 2023. Ipotesi già accantonata nel Consiglio dei ministri sul Documento programmatico di bilancio, tenuto la scorsa settimana. Alla Lega il responsabile del Mef, il Ministro Daniele Franco ha proposto Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023. Per l’Esecutivo Draghi, c’era la possibilità di tenere per 3 anni ferma l’età di uscita a 64 anni e aumentare gradualmente i contributi: 38 anni nel 2022, 39 nel 2023, 40 nel 2024. Ipotesi che lascia la Lega insoddisfatta, che rilancia con “Quota 41”, ossia 41 anni di contributi, tenendo ferma un’età minima in uscita. Nel Pd c’è la posizione netta del segretario Enrico Letta che dice no al sistema delle Quote e quindi in opposizione alle indicazioni della Lega. Per il Pd la priorità è intervenire con un meccanismo flessibile, in particolare per lavori usuranti e a sostegno delle donne.
Nuova ipotesi del Pd
Nelle ultime ore il senatore del Pd, Franco Mirabelli, ha lanciato una ipotesi nuova.
Da una certa età ognuno, “è libero di decidere in base ai propri contributivi e del reddito che avrebbe. Libero insomma di decidere quando andare in pensione”. Una idea che potrebbe aprire nuovi spazi di dialogo. In particolare con i sindacati che premono per decisioni in favore dei lavoratori che hanno mansioni più gravose che vanno tutelati. In altri versi come sottolinea Domenico Proietti della Uil, c’è la necessità come d’altronde rilevato dalla Commissione parlamentare sui lavori gravosi che attesta che non tutti i lavori sono uguali, sia per l’aspettativa di vita sia per gli indici di infortunistica. Quindi la priorità per le Confederazioni sindacali è tutelare quella “ampia griglia di lavori gravosi che deve essere la base di discussione per cominciare ad introdurre una prima flessibilità di accesso alla pensione su base volontaria”. Finora non c’è ancora nulla di deciso, e la Uil avverte. “Su questo tema”, sottolinea Proietti, “il Governo farebbe bene a convocare i sindacati colmando il ritardo incomprensibile accumulato in questi mesi”.
Le prossime ore
In agenda non sono previste riunioni ma tra martedì e mercoledì i nodi dovranno essere sciolti. Il percorso prevede una messa a punto tecnica delle proposte nel confronto che si terrà nella Cabina di regia, poi l’approdo della manovra di Bilancio in Cdm. Il confronto dovrà portare alla luce, non solo il tema previdenza, ma anche fisco con il capitolo del taglio delle tasse; bonus fiscali per l’edilizia; e non per ultimo il nodo della riformulazione del Reddito di cittadinanza. Quanto basta per dire che la settimana sarà un campo di battaglia. Con un solo antidoto, trovare i miliardi per tutto.